Grisenti, una sentenza che cambia tutto


Alberto Faustini


Ieri mattina non era in aula. E chi lo conosce sa che non è da lui non esserci. Nelle ultime ore, “il Silvano”, come tutti in Trentino chiamano Grisenti, deve aver capito che qualcosa sarebbe andato storto.
 Quella di ieri, per lui, doveva essere la giornata del grande rientro. Non avrebbe voluto, come altri, qualche nomina o qualche ben remunerato incarico. Teneva molto, invece, alla “restituzione” di una immagine immacolata. Alla quale affidava il compito di riportarlo nell’agone politico dalla porta principale: prima bastonato, poi riabilitato e rilanciato.
 Non è andata così. Non ha intascato un soldo, Silvano. Ma i giudici hanno letto nella filigrana delle sue telefonate due “rapporti colpevoli”: le motivazioni delle sentenza e il ricorso in appello diranno l’ultima parola giudiziaria su una vicenda che ha tenuto per due anni il Trentino con il fiato sospeso. Ma la sentenza politica, anche se in tanti gli manifestano solidarietà, sarà difficilmente ribaltabile. Perché la politica e la società hanno tempi assai diversi da quelli della giustizia. E Grisenti non poteva permettersi questo intoppo. Non per i 4 mesi di condanna, che sono un prurito, seppur fastidioso, ma per la mancata assoluzione. Politicamente, la sentenza di ieri è dunque uno stop che per l’ex superassessore rischia di trasformarsi in un capolinea













Scuola & Ricerca

In primo piano