Tracce di metalli nei torrenti glaciali per i resti della Grande guerra
Trovati anche nell'intestino degli insetti che vivono in quota. Studio del Muse di Trento
TRENTO. I metalli utilizzati per la costruzione di cannoni e artiglieria militare e abbandonati suoi ghiacciai alpini dopo la Grande guerra lasciano tracce nelle acque di fusione e vengono assorbiti da parte dei chironomidi, gli unici moscerini acquatici a popolare i torrenti glaciali.
Lo dimostra uno studio condotto sui ghiacciai alpini di Lares, Presena e Amola da parte dei ricercatori del Museo delle scienze di Trento (Muse), in collaborazione con l'Università dell'Ohio e con il sostegno della Fondazione Cogeme Ets di Rovato (Brescia). La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale "Chemosphere".
In particolare, i ricercatori hanno condotto l'analisi chimica delle acque di fusione per capire la contaminazione di metalli pesanti rilasciati da materiale bellico abbandonato ad alta quota. Per farlo, il team ha quantificato 31 elementi mediante spettrometria di massa nell'acqua e nelle larve del moscerino Diamesa zernyi provenienti dai torrenti glaciali analizzati. Nell'acqua sono stati osservati arricchimenti, da bassi a moderati, per antimonio e uranio nel torrente Presena e per argento, arsenico, bismuto, cadmio, litio, molibdeno, piombo, antimonio e uranio nel torrente Lares.
Le larve hanno accumulato i diversi elementi in concentrazioni fino a 90.000 volte superiori rispetto a quelle dell'acqua. In particolare, le larve raccolte nel torrente Lares hanno accumulato la maggior quantità di metalli e metalloidi, compresi quelli maggiormente utilizzati nella fabbricazione dell'artiglieria (arsenico, rame, nichel, piombo e antimonio).
"I moscerini che abbiamo studiato sono gli unici insetti che riescono a colonizzare le gelide acque dei torrenti glaciali, dove le condizioni ambientali sono considerate estreme per la vita. I dati raccolti destano preoccupazione per il nichel, accumulato in una concentrazione vicina a quella considerata critica per la sopravvivenza di altri insetti testati in laboratorio (come il moscerino del genere Chironomus)", spiega Valeria Lencioni, coordinatrice dell'Ambito clima ed ecologia del Muse.