Mara Cagol, svolta nelle indagini sulla morte della brigatista trentina

Si riapre dopo 47 anni il caso della sparatoria nella quale morì anche l'appuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso



MILANO.  Svolta nelle indagini sul conflitto a fuoco in cui morirono la brigatista trentina Mara Cagol, moglie di Renato Curcio e tra i principali leader delle Br, e l'appuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso.

Il 5 giugno 1975, a soli trent’anni, rimase uccisa nel corso di uno scontro a fuoco coi carabinieri, con armi automatiche e bombe a mano, avvenuto nella cascina Spiotta d'Arzello, dov’era stato nascosto l'industriale Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato il giorno precedente da un nucleo brigatista

Quarantasette anni dopo il conflitto a fuoco avvenuto nell'Alessandrino in occasione della liberazione dell'imprenditore, sono stati interrogati a Milano alcuni ex appartenenti alle Br. Gli accertamenti dei carabinieri del Ris di Parma potrebbero dare un nome a chi, ormai quasi cinquant'anni fa, partecipò a quello che è passato alla storia come il primo sequestro di persona a scopo di autofinanziamento operato dalle Brigate Rosse. 

L'attività investigativa fa seguito agli accertamenti scientifici cui sono stati sottoposti, con le più moderne tecniche, i reperti sequestrati all'epoca della sparatoria. Nel corso degli anni si sono fatte varie ipotesi sulla identità del brigatista che riuscì a fuggire. A far riaprire le indagini è stato l'esposto presentato, con il tramite di un avvocato, da Bruno d'Alfonso, anche lui carabiniere, figlio dell'appuntato morto nella sparatoria del 5 giugno 1975.

"E' una questione di giustizia e di verità storica. Anche per onorare la figura di mio padre, un eroe che diede la vita per le istituzioni", ha detto d'Alfonso dopo aver presentato l'esposto. Le indagini sono affidate ai carabinieri del ROS e coordinate dai magistrati del pool sul terrorismo della Procura di Torino e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.













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