DIPENDENTI PUBBLICI

Brunetta controlla i tesserini d'identità, ma la Provincia non si adegua

I dipendenti pubblici comunali sono già riconoscibili, quelli di piazza Dante no


Luca Petermaier


TRENTO. In nome della trasparenza ecco la nuova idea del ministro Brunetta: «Cartellini identificativi per tutti i dipendenti pubblici». Da un paio di giorni sono scattate le verifiche del ministero in tutta Italia. E in Trentino come funziona? Ognuno fa un po’ come gli pare.
Il giro di vite sulla trasparenza - con l’obbligo di indossare i cartellini - è disciplinato all’interno dell’ormai noto decreto legislativo 150 dell’ottobre 2009, il famoso «Brunetta». All’articolo 69 si chiarisce che «i dipendenti pubblici che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi».
Ad inizio settimana dal ministero sono partite le verifiche in molte amministrazioni italiane per accertare il rispetto sull’applicazione della norma. I controlli hanno riguardato 31 capoluoghi di provincia. Gli ispettori hanno chiesto informazioni anche al Comune di Trento ricevendo come risposta che già da tempo (ormai una quindicina di anni) l’amministrazione ha adottato una serie di circolari e regolamenti interni in base ai quali ogni dipendente è riconoscibile con nome e cognome, salvo i vigili urbani per i quali vale la matricola. Per il resto spazio alla massima trasparenza: gli sportellisti hanno il proprio cartellino appeso alla giacca, così come gli uscieri e i funzionari a contatto con il pubblico. I messi comunali devono esibire un tesserino di riconoscimento. Non c’è privacy che tenga nemmeno per chi lavora in ufficio: previste targhe all’entrata con le generalità del dipendente e le mansioni svolte.
Nel comune più grande del Trentino è così dal 1993, quando una legge regionale (la 93 del 31 luglio) disciplinò la materia per tutti i comuni del Trentino. Dopo l’entrata in vigore della legge sulla privacy (1996) le carte si sono rimescolate, ma il Comune è intervenuto regolamentando da sé la materia: «Tutti devono essere identificabili».
In Provincia le cose non sono così chiare. Premesso che le norme del decreto Brunetta non si applicano automaticamente in Provincia ma devono essere recepite, va detto che la parte del decreto legata ai cartellini identificativi non ha trovato spazio nel ddl preparato dalla giunta provinciale che arriverà in Consiglio a fine marzo. In Piazza Dante e nelle varie Agenzie, dunque, non entrerà in vigore l’obbligo del cartellino. La Provincia ha scelto di non adeguarsi, «ma non è detto - spiega il dirigente generale del personale Silvio Fedrigotti - che la giunta non decida di mettere mano alla materia». Qualche anno fa - ricorda un usciere di Piazza Dante - i cartellini c’erano: «Ce li hanno fatti indossare, ma dopo qualche mese li abbiamo tolti». Fedrigotti conferma: «E’ vero, ma nei controlli non siamo stati così fiscali. Inoltre non abbiamo mai avuto segnalazioni che ci inducessero ad intervenire». E alla fine i cartellini sono spariti dalle giacche.
I sindacati (come per quasi tutto ciò che porta la firma di Brunetta) non vedono di buon occhio l’iniziativa ed i relativi controlli: «Mi sembra la solita iniziativa di facciata, che in realtà contiene poca sostanza» - commenta Mirko Carotta (Cgil). «Il cartellino non mi scandalizza affatto, ma non credo aumenti la trasparenza. E poi ricordo che noi abbiamo avuto ancora dipendenti pubblici aggrediti fuori dal lavoro». Linea simile per Silvia Bertola (Uil): «Il cartellino per il front-office può andare, ma le norme per identificare i dipendenti pubblici, anche provinciali, ci sono già».













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