Il tributo di Trinco a Santa Maria
Sette secoli di storia. In un libro con 400 illustrazioni il risultato di un lavoro storico durato sette anni e che ha coinvolto tre parroci Raccoglie le vicende ed i particolari di una delle chiese più antiche della zona con una impostazione “leggera”, quasi da guida turistica
Rovereto. Era il 29 giugno di due secoli fa quando una delle chiese più antiche della zona, costruita addirittura nel 1290 per volontà di Guglielmo di Castelbarco, veniva consacrata: è la chiesa di Santa Maria del Monte Carmelo, in cui hanno trovato sepoltura le famiglie più importanti di Rovereto, dai Rosmini ai de Lindegg, dai Madruzzo ai de Chiusole e de Eccher. A questo tempio storico è dedicato l’ultimo libro di Renato Trinco, appassionato e competente cultore di memorie storiche che raccoglie e sa trattare con il taglio leggero, ma preciso e spesso curioso, del divulgatore. “La Chiesa di Santa Maria del Monte Carmelo di Rovereto”, libro di 258 pagine, con circa 400 illustrazioni, doveva andare in stampa in questi giorni, ma l’emergenza che stiamo vivendo ne ha fatto scivolare la pubblicazione più in là; probabilmente la sua presentazione avverrà quest’autunno. “Non sono uno storico – ci dice intanto l’autore, noto per i suoi studi certosini attorno a tutto ciò che riguarda Rovereto – semmai sono un appassionato di Storia e tutti i miei libri nascono allo stesso modo: dai ritagli di tempo dedicati loro, tra un’estate e l’altra. Questo nasce all’insegna di ben tre parroci: don Enrico Finotti, il seminatore, che nel 2013 mi suggerì di scriverlo, don Francesco Scalin, il coltivatore, sotto la cui reggenza è stato scritto e l’attuale parroco di Santa Maria, don Rolando Covi, che definisco il raccoglitore”.
Ci anticipa qualche passaggio importante, così veniamo a sapere che alla chiesa concepita dal Castelbarco venne unito, per completamento e grazie a un lascito testamentario, un convento che doveva avere la funzione di ospitare anche i viandanti (già ce n’era uno presso la chiesa di Sant’Ilario). Fu affidato alla cura dei Carmelitani. Proprio grazie ai lasciti delle famiglie nobili roveretane (le cui bellissime pietre tombali sono esposte nel chiostro) poteva contare su un patrimonio consistente e i carmelitani, nella seconda metà del 1600, fecero iniziare i lavori di ricostruzione che diedero alla chiesa l’aspetto “di uno splendido barocco”. “I lavori durarono una ventina d’anni, ma si dovette aspettare molto per poterla dotare degli altari con pregevoli marmi provenienti dalle botteghe lapicide castrionensi, così come la possiamo ammirare oggi. Da allora nulla è cambiato, se si fa eccezione dei graffiti monocromatici realizzati nel 1923 dall’architetto Giorgio Wender Marini, cugino di don Rossaro”. Tra le altre cose, il libro di Trinco ospita una sezione dedicata agli artisti che nel tempo hanno rappresentato la chiesa, con le tecniche pittoriche più varie.
Una particolarità curiosa e importante sta anche nella struttura del volume, pensato al modo di guida turistica: le pagine accompagnano l’occhio del visitatore nel cogliere in maniera ordinata tutti i particolari più importanti del tempio.