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Diciamo addio ai ghiacciai alpini

La crisi climatica accelera la sua corsa con un aumento di incendi, siccità, ondate di calore, temperature record, che sono una minaccia sempre più grave. Riparte la Carovana di Legambiente: monitoraggio di Lares e Mandron. Matteo Motter: "Guardate com'è ridotta la Presanella"



ROMA. La crisi climatica accelera la sua corsa con un aumento di incendi, siccità, ondate di calore, temperature record, che sono una minaccia sempre più grave per i ghiacciai alpini, via via più fragili, vulnerabili e instabili. Le Alpi hanno perso il 6% del loro volume residuo solo nel 2022, definito "annus horribilis", per le scarse nevicate durante l'inverno, la sabbia proveniente dal deserto del Sahara e le temperature estive anomale.

I dati all'avvio della "Carovana dei Ghiacciai", la campagna giunta alla IV edizione e che quest'anno assume una dimensione internazionale, grazie alla collaborazione con Cipra con due delle sei tappe localizzate in Austria e Svizzera, allo scopo «di costruire nuove alleanze attraverso uno scambio con il mondo della ricerca europeo ma anche con i cittadini e le istituzioni locali».

Il monitoraggio ha la partnership scientifica del Comitato glaciologico italiano (Cgi). Legambiente ricorda che secondo il Rapporto "European State of the Climate 2022" della World meteorological organization (Wmo), i ghiacciai in Europa hanno perso un volume di circa 880 chilometri cubi di ghiaccio dal 1997 al 2022. Le Alpi sono state le più colpite, con una riduzione media dello spessore del ghiaccio di 34 metri.

Secondo il Glamos (Rete svizzera di monitoraggio dei ghiacciai) i ghiacciai alpini stanno registrando i più alti tassi di fusione da quando sono iniziate le registrazioni, circa un secolo fa. Il monitoraggio sarà dal 20 agosto al 10 settembre: partirà dall'Italia con il Ghiacciaio del Rutor (Valle D'Aosta), proseguendo con il Ghiacciaio del Belvedere (Piemonte), i Ghiacciai di Dosdè (Lombardia) e i Ghiacciai di Lares e Mandron sull’Adamello (Trentino). Il viaggio poi si sposterà in Austria e Svizzera.

Sull’argomento, la settimana scorsa, ha destato polemiche l’intervento del Ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini, che in occasione di una festa della Lega ha dichiarato, poi smentito puntualmente da scienziati e climatologi che i ghiacciai, come quello sull’Adamello, «si ritirano anno dopo anno» non a causa delle emissioni delle attività umane, per esempio quelle generate dai trasporti, ma perché ci sono «cicli» storici. Basta studiare «un pochino di storia», ha detto Salvini.

Sulla sua pagina Facebook il trentino Matteo Motter, alpinista e da anni impegnato nello studio dei ghiacciai, anche con la Commissione Glaciologica della Sat, ha pubblicato a commento una fotografia (quella che vedete qui sopra) molto eloquente dello stato della Presanella.

«Non è più tempo di discutere, è ora di agire, dobbiamo farlo seguendo ciò che ci dice la scienza e non ciò che sparano certi "scettici politici. Torno sull’ argomento ghiacciai perché mi sta a cuore da un sacco di anni. - L’amico e profondo conoscitore dei ghiacciai Andrea Toffaletti, al quale ho girato la foto, mi ha fatto notare la trim line (ovvero la linea che segna l'ultima estensione più alta del ghiacciaio). 50/60 metri circa la dividono dalla base del ghiacciaio Presena, un ghiacciaio che durante il primo conflitto mondiale (ci sono decine e decine di fotografie note) arrivava a passo dei Segni che è il punto più basso della cresta fotografata. La trim line espone una fascia più chiara, ben delineata che ci da perfettamente l’idea di quanto ghiaccio in poco più di 100 anni si sia perso. L’altro elemento da osservare è una montagna che senza ghiaccio soffre e si sgretola. Decine sono le frane che interessano tutto questo anfiteatro glaciale. Un ghiacciaio ormai prossimo alla morte. E a poche centinaia di metri più in là dei teli coprono, prolungandone solamente l’agonia, suo fratello anch’esso morente» dice Motter.G. Z.

 













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