San Camillo, da gennaio non ci saranno più parti

Ieri la proprietà ha comunicato ai dipendenti gli effetti della ristrutturazione Rossi: «Concentreremo il reparto sul S.Chiara, nessuna ricaduta sul personale»


di Giuliano Lott


TRENTO. Il San Camillo avvia un processo di ristrutturazione e il primo effetto è la chiusura da gennaio del reparto di ostetricia, tra i primi tre punti nascita in Trentino, con 6/700 parti l’anno. Lo ha comunicato ai dipendenti riuniti in assemblea ieri alle 14 la direzione dell’ospedale. Il reparto, secondo il progetto, verrà soppresso e spostato sull’ospedale Santa Chiara, in accordo con la Provincia. Pierachille Dalledonne, segretario provinciale della Cisl Sanità, è preoccupato per i 21 dipendenti in servizio a ostetricia, tra infermieri, ostetriche e Oss. «Entro giovedì ci attendiamo una relazione dettagliata su tutti gli aspetti di questa operazione. Vogliamo che venga presidiata la qualità dell’assistenza e la tutela della salute, sia per i cittadini che per i dipendenti. L’assessore alla sanità Ugo Rossi ci ha fissato un appuntamento per le 15.30, che seguirà l’assemblea con i lavoratori».

Ugo Rossi, dal canto suo, ha già incontrato la proprietà dell’ospedale, l’Ordine delle Figlie di San Camillo: «Stiamo perfezionando un accordo che prevede di transitare il reparto al Santa Chiara, evitando in questo modo ricadute sul personale. Nel protocollo di accordo vanno però definite le modalità tecniche di questo delicato passaggio, che al momento non sono ancora stabilite nel dettaglio. C’è comunque la volontà, da parte del San Camillo e della Provincia, di trovare una soluzione che eviti dolorosi tagli sul personale. Ne parleremo già giovedì con il sindacato».

Per i dipendenti della struttura privata la comunicazione di ieri è stata una doccia fredda, benché le chiacchiere sul piano di ristrutturazione, anticipato ieri sulle nostre pagine, si rincorressero da tempo. Per il momento il progetto non toccherà endoscopia, l’altro reparto considerato a rischio chiusura, nè altri reparti. Appare però evidente che la soppressione di ostetricia è il primo passo di un riorientamento del San Camillo, una struttura privata parificata che rappresenta un consistente elemento del sistema sanitario trentino.

Per numero di parti, ostetricia oscilla tra il secondo e il terzo posto in provincia, alle spalle del Santa Chiara: a seconda degli anni segue di poco, o supera, il Santa Maria del Carmine di Rovereto, che raccoglie il bacino d’utenza di tutta la Vallagarina. Concentrare ostetricia sul Santa Chiara comporta pertanto una seria riorganizzazione anche da parte dell’ospedale pubblico.

Il sistema sanitario provinciale sta cambiando, come aveva spiegato sulle nostre pagine di ieri l’assessore Rossi, e anche il San Camillo, in quanto realtà privata, ha pieno diritto di ricollocarsi nello scacchiere trentino.

L’aspetto positivo della vicenda è che il processo di trasformazione è seguito passo per passo dalla Provincia, e la stessa proprietà dell’ospedale sta interagendo con l’assessorato alla sanità per trovare una formula “morbida” che garantisca qualità all’assistenza sanitaria e al tempo stesso il posto di lavoro a quanti, con piena legittimità, sono preoccupati di perderlo in un momento molto avaro di opportunità di reimpiego per ogni settore.

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