Non è Clemente con chi ruba l’anima ai monti

Da domani le magiche opere alla Raffaelli Transavanguardia e spirito delle Dolomiti


di Fiorenzo Degasperi


di Fiorenzo Degasperi

C’era una volta un ragazzo assai sensibile. Era un pastore, viveva lì, a contatto con le nuvole e le stelle. Portava il suo gregge sulle terre alte dei Monti Pallidi, ascoltando il vento che fischiava, assaporando le erbe, parlando con il popolo misterioso che solo lui, e pochi altri, poteva vedere.

Era il popolo formato dai selvans e dalle bregostane, dai folletti e dai nani minatori.

A lui venivano narrate storie sussurrate tra un tuono e un fulmine, a lui veniva raccontata la poesia di popoli scomparsi, di animali totemici diventati eroi e miti. Soltanto lui, e pochi altri, sapeva che i nani filavano i raggi di luna per rivestirne le montagne scure e trasformarle nei monti palli.

Da quando la razionalità e la modernità hanno scacciato gli dèi dal cielo e dalla terra, gli spiriti della montagna, così come le anguane, le fanciulle innamorate, e le streghe malefiche, non sono scomparse ma si sono rifugiate negli anfratti delle cime, dietro i rododendri, dentro le sorgenti e i laghetti alpestri. Soltanto i poeti possono vederle, ascoltarle, narrarne le gesta, testimoniarne l’esistenza.

Accanto al pastore, al viandante, al narratore di vie e sentieri, troviamo oggi Francesco Clemente, artista napoletano, nato nel 1952 nella città del sangue che si liquefa e delle barocche anime inquiete, testimone della rivoluzione pittorica della Transavanguardia, è uno di questi poeti.

Come San Paolo sulla via di Damasco, Clemente è rimasto fulminato dalla bellezza inusuale e spettacolare delle Dolomiti. Una folgorazione che si è tradotta in un’arte dai caratteri unici.

Le Dolomiti dunque. Le montagne e Clemente.

Invece che raffigurarle olograficamente, ne ha saputo catturare lo spirito, accorgendosi che oltre il simulacro, oltre il sudario stracciato e rovinato dall’ingordigia umana che ha trasformato e immolato queste montagne sull’altare del dio denaro, esistono altre montagne, quelle vere.

Quelle dove scorrono i miti e le leggende, gli uomini veri e le fantasie, le speranze e i sogni. E così, attraverso acquerelli e opere su carta, racchiuse sotto il titolo di “Emblems and Mountains: Recent Watercolors and Works on Paper”, Francesco Clemente ha allestito una sua personale presso lo Studio Raffaelli di Trento.

La mostra dedicata alla scoperta e alla giusta valutazione delle opera di Clemente viene inaugurata domani, alle 18.30. Si tratta di una mostra che viene accompagnata da un catalogo riccamente illustrato con saggi di poeti e studiosi come Louise Landes Levi e Charles Stein. Entrambi gli autori sono da sempre allievi di Chögyal Namkhai Norbu, talentuoso insegnante della scuola Dzogchen del Buddismo tibetano, che aprì la sua prima comunità a Napoli negli anni Settanta organizzando incontri ai quali presero spesso parte Francesco e Alba Clemente.

Ispirandosi agli irti picchi frastagliati e alle profonde valli delle Dolomiti, con le loro pareti a strapiombo in candido e luminoso calcare, le opere di Clemente sono una riflessione sul fascino misterioso e sacro che le montagne esercitano da millenni sugl. i uomini. Così le delicate velature fanno trasparire con delicatezza un mondo fatto di vuoti e pieni, di presenze e assenze. La natura reale non è più il riferimento che dà riparo e salvezza ma è il luogo dominato dalle apparizioni improvvise, dal silenzio carico di musica, da una libertà riconquista, quella dello spirito e dell’anima. Superata l’ironia degli anni Settanta, Francesco Clemente si è riappropriato dei luoghi mitici e materni in cui ripararsi, mantenendosi però fedele ad una pratica creativa dentro il territorio mobile al limitar della metafisica e della pittura visionaria.

Dove il paesaggio approda ad un senso voluto di disequilibrio compositivo, aprendosi sul vuoto e trascinando lo spettatore nel salto ideale dentro il suo mondo immaginario. Quel famoso salto “dans la vide” che non si può non fare se ci misuriamo con l’arte di Francesco Clemente, un’arte che è una sfida alla sicurezza della vita quotidiana e banale. le opere di Clemente sono una riflessione sul fascino misterioso e sacro che le montagne esercitano da millenni sugli uomini. La forza naturale presente in questi nuovi lavori risulterà familiare a chiunque conosca questi meravigliosi paesaggi; così come lo sarà il delicato gioco di simboli e miti che ha reso Clemente un poeta fra i pittori.  La mostra che apre alla Raffaelli chiuderà il prossimo trenta settembre e promette di regalare ai visitatori grande soddisfazione.

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