«Noi quarantenni mandati a ripopolare un convento vuoto»
Padre Sandro, il guardiano: «Siamo qui per favorire l’incontro con la gente. Suscitando domande inespresse»
TRENTO. Sono stati mandati da Schio, un anno fa, a “ripopolare” il convento di Terzolas. “Quattro giovani frati” - ha detto il vicario provinciale dei cappuccini, padre Lorandini - che hanno saputo aprirsi alla comunità locale, creando una sinergia con il mondo laico. Fra Sandro Periotto, di Adria (Rovigo), padre guardiano, sorride: «Il fatto che siamo giovani è da vedere, dato che il vicario del convento, fra Claude, francese, ha 57 anni, io ne ho 47 e fra Paolo, padovano, 49. A noi si è aggiunto ultimamente padre Antonino, 72 anni».
Età anagrafica a parte, che rapporto avete instaurato con il territorio?
Avevamo notato che c’erano poche opportunità di incontro, sia per la conformazione del territorio che per abitudine e tipologia di lavoro: i giovani si fa molta fatica a vederli. Così, oltre alla messa domenicale, stiamo cercando di proporre delle attività, come l'ascolto della parola di Dio, mentre in luglio abbiamo organizzato una serie di tre incontri per approfondire alcuni temi basati su spiritualità, famiglia e politica, partendo dalla figura di San Francesco d'Assisi.
Per il vicario francescano Biasi i giovani che si avvicinano ai conventi ci sono, ma temono scelte definitive. Lo stesso vale per il matrimonio. Perché il “per sempre” fa così paura?
Viviamo in una cultura dell'effimero, del transitorio, dell'usa e getta, che un po' si rispecchia nelle scelte. Ciò che dura per sempre è guardato con sospetto e anche con timore.
Anche la scelta di povertà può essere una barriera?
Mah, non credo. Anzi, se fossimo più coerenti anche a livello di testimonianza, forse ci sarebbe maggior riscontro.
Vuol dire che vi siete troppo mondanizzati?
Un pochino sì. Partendo dalle strutture murarie, che parlano. Siamo passati da un convento del 1536, alle origini della riforma cappuccina, a una ristrutturazione del 2007.
Magari avete anche iPad e smartphone...
Direi di sì, un tablet e un computer c'è. Ma quello è un aspetto minimo...
Interessante sentire un’autocritica: da un frate ci si aspettano inviti alla frugalità...
C'è bisogno di viverla la povertà: in maniera attuale, però di viverla. Quando se ne parla siamo tutti d'accordo, quando si va a trovare le forme si apre una discussione enorme, perché ognuno ha la sua sensibilità.
Immagino che voi non abbiate delle “prescrizioni” che vi dicano, nel dettaglio, cosa sia consentito e cosa no.
Infatti, anche perché il rischio è di arrivare al fondamentalismo. Mentre è il buon senso che deve prevalere.
La crisi delle vocazioni: un fenomeno momentaneo o irrefrenabile? Voi frati vi sentire destinati all'“estinzione”?
No, secondo me fa parte dei corsi e ricorsi della storia.
Può esserci una rinascita quindi?
Sì, io sono positivo e ottimista. Certo che questo comporta anche da parte della Chiesa stessa un continuo mettersi in discussione, per cercare di vivere veramente il Vangelo.
Quello che predica Papa Francesco...
Assolutamente sì.
Vi piace questo papa...
Eh beh, credo che la direzione la stia segnando. Anche a livello di relazioni: fare vedere che ci si avvicina alla persona non ci si allontana...
È cambiato il ruolo di un religioso in una società sempre più secolarizzata?
Secondo me è cambiato. Ne parlavo qualche giorno fa con un gruppo di ragazzi. Noi religiosi dovremmo essere coloro che sanno suscitare le domande inespresse, profonde, di senso della vita. Che a mio avviso ci sono. È che a volte si è distratti e non ce le si pone.
Faccia un po' di “autopromozione”: perché scegliere una strada come la sua? O per lo meno, a lei cosa ha dato?
Quello che interessa non è che venga scelga una strada come la mia. Ma che uno risponda a quello che sente dentro, si tratti del matrimonio, della vita consacrata o della spiritualità della missione. Che ne assuma la responsabilità anzitutto, ma che ne accetti anche gli aspetto meno gradevoli. Perché il pacchetto è unico.