Museo, collaboratori assunti da una coop 

Critica la nota della NidIL Cgil: «Un errore esternalizzare i servizi, con il rischio di perdere il lavoro»



TRENTO. Per i collaboratori del Muse, citati dai vertici del Museo come parte integrante del successo di questi cinque anni, non c’è molto da festeggiare. In una nota del segretario Gabriele Silvestrin, della NidIL Cgil, a nome degli ottanta collaboratori ci si dissocia dall’immagine apparsa «come gioiosi costituendi una Cooperativa».

E precisa: «Il confronto sindacale c'è stato, ne diamo atto alla direzione, ma non ha portato agli esiti auspicati e condivisi, almeno per una lunga fase, dalla direzione del Muse stessa». Quest’ultima ha deciso, si legge nelle nota «sicuramente condizionata pesantemente dalle scelte della giunta provinciale e, nello specifico, dall'assessorato alla Cultura, di non riconoscere la professionalità dei suoi 80 Collaboratori, inserendoli nel bando di gara in livelli non rispondenti alla qualità del lavoro svolto in questi cinque anni e che ha consentito al Muse di essere apprezzato a livello nazionale e internazionale». Questo comporta il rischio di perdere qualità e continuità. La preoccupazione nasce dal fatto che l’appalto è stato vinto da una Cooperativa, «perchè la giunta provinciale ha deciso di esternalizzare il servizio, rinunciando a mantenere in seno al Muse il core della propria attività affidandolo alla cooperativa vincitrice. Che, per la precisione, garantisce un anno di assunzione per tutti gli ex collaboratori, a cui seguirà un confronto sindacale che riguarderà organizzazione del lavoro, programmazione e che potrà mettere in discussione gli attuali organici». Un confronto che si auspica, la direzione del Muse e la giunta provinciale, non potranno pensare di ignorare: «sarebbe miope - continua la nota - un atteggiamento pilatesco e porterebbe a situazioni conflittuali con pesanti riflessi sul funzionamento del Museo». E conclude: «Il Muse ha camminato in questi cinque anni, brillantemente, grandi passi, performance notevoli sulle gambe dei suoi professionisti, i collaboratori: l'esternalizzazione rischia di estraniarli, crea una barriera nei rapporti con la direzione, una complicazione non necessaria. Lo stesso discorso vale per il Mart e mette in evidenza la mancanza di una visione globale del nostro sistema museale».













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