I cinghiali hanno invaso i boschi della Marzola
Riserva di Pergine impegnata a contenere i danni per l’agricoltura limitandone il numero e sfamandoli in modo che non lascino le quote alte della montagna
PERGINE. Consistente bottino per i cacciatori della Riserva di Pergine nei giorni scorsi. In una settimana di attività venatoria “mirata” sono stati abbattuti otto capi di cinghiale, tutti tra i 60 e i 70 chilogrammi. Il fatto è che la popolazione dei cinghiali sta crescendo e c’è mano libera di azione per limitare la crescita di questi animali che se dovessero scendere a valle costituirebbero un vero pericolo per le coltivazioni.
Già qualche tempo fa le campagne coltivate a mais attorno alla frazione di Roncogno sono state luogo di scorribande da parte dei cinghiali. Le loro viste notturne hanno provocato seri danni, e sostanzialmente la distruzione dei campi. In pratica, la parte alta del conoide della Marzola è particolarmente popolata di questa selvaggina. E le foto trappole lo dimostrano anche se appare difficile stabilire il numero dei capi esistenti. Procedere al censimento come avviene per cervi e caprioli sembra impresa difficile.
In proposito, abbiamo interpellato Giuliano Andreatta, rettore della Riserva di Pergine, per avere un quadro generale della situazione.
«Per evitare il ripetersi di danno escursioni nei campi coltivati - ci spiega Andreatta - come Riserva ci preoccupiamo di tenere lontano i cinghiali dalle zone coltivate. Per farlo abbiamo allestito dei punti dove trovano da mangiare, soprattutto mais, un alimento questo del quale sono molto ghiotti. Abbiamo allestito delle mangiatoie che provvedimento a riempire periodicamente ma alternando i luoghi. Finora siamo riusciti a non farli scendere dalla parte alta. Ci hanno confermato che da mesi non vengono registrati danni e non sono state denunciate intrusioni nei campi».
A Pergine sono una sessantina i cacciatori abilitati all’abbattimento di cinghiali. Si organizzano con postazioni fisse e attendono i capi. Per il momento la caccia al cinghiale è sono diurna, a differenza di altre zone dove si può cacciare anche di notte proprio perché la situazione è particolarmente grave. «Con le foto-trappole - aggiunge Andreatta - riusciamo a individuare le principali zone battute e quindi possiamo intervenire, con soddisfazione dei coltivatori che si vedono così tutelate le produzioni agricole. In questo senso e così facendo, conclude, riusciamo a controllare il territorio e nello stesso tempo soddisfare la nostra passione».
Il cinghiale non è fauna selvatica autoctona e quindi i cacciatori sono autorizzati agli abbattimenti, tanto più che è una animale molto prolifico. Dai controlli effettuati con le foto-trappole sono state individuate in un solo colpo tre femmine di cinghiale con 19 piccoli.