Dorigatti: «Sono pronto a recepire i tagli ai gruppi»

Ma il presidente alza le barricate sul numero dei consiglieri:«Spetta a noi deciderlo». Savoi, Firmani e Zeni: meno costi, ma così si uccide la politica


di Giuliano Lott


TRENTO. I tagli che il governo Monti sta per imporre ai fondi dei gruppi consiliari (previsti su cifre prossime al 95% delle spese attuali) vanno recepiti senza discussione. Ne è convinto il presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti: «Mi adeguerò alle disposizioni del governo. Sarà compito dei gruppi rivedere le spese e riorganizzare le attività fare in modo da rispettare i parametri previsti dal decreto». Sul numero dei consiglieri regionali, invece, Dorigatti non transige: «E’ un tema che stiamo già affrontando e che farà parte della discussione sul nuovo Statuto. Ma non può essere lo Stato a stabilire la composizione delle nostre istituzioni, è una prerogativa che spetta a noi, prevista dallo stesso Statuto di autonomia, che non può essere modificato in maniera unilaterale». Dorigatti è del parere che il decreto governativo risenta in maniera massiccia del “caso Lazio” e della pressione dell’antipolitica. «Se si ragiona solo sulla diminuzione dei costi, allora - dice provocatorio il presidente del consiglio - un prefetto costa sempre meno di 20 consiglieri. Ma in questa delicatissima fase la democrazia deve farsi più inclusiva di quanto sia mai stata, il livello di partecipazione va elevato, non ristretto. Certe misure sono state decise sotto la spinta del populismo crescente, che lede i principi della democrazia e della sua stessa articolazione». Dorigatti insiste: «Quando parlo del nuovo Statuto, penso a una grande occasione in cui deve scattare l’orgoglio dei trentini. La nostra composizione istituzionale va ricostruita dal basso, in modo partecipato e condiviso».

Bruno Firmani (Idv), che sui tagli alle spese della politica non si è mai tirato indietro, stavolta invita a non gettare il bambino assieme all’acqua sporca. «L’organizzazione del consiglio provinciale di Trento è la migliore d’Italia. Ammette i monogruppi, ma non la creazione di nuovi gruppi: chi esce da un partito entra nel gruppo misto. Abolire i monogruppi è un errore, toglie rappresentanza e limita la democrazia. Giusto che ci sia un freno agli sprechi, ma attenzione ai tagli indiscriminati». Si riferisce ai finanziamenti dei gruppi? «Sì. Una quota minima per sostenere l’attività politica va considerata. In Trentino peraltro le cifre sono più basse che altrove. In media ogni consigliere ha circa 2500 euro a disposizione. Possiamo ridurli, ma cancellarli in una regione virtuosa mentre fino a ieri in Lazio si sperperavano 14 milioni di euro l’anno, mi pare un’operazione demagogica. Per fare politica, uno dovrà cavarsela con il proprio stipendio». Più diretto Alessandro Savoi (Lega Nord), che premette: «Da quanto ho capito, i tagli interesseranno le regioni che non sono state oculate nelle spese. Non noi, che siamo stati gli unici assieme al Veneto ad applicare i tagli stabiliti dal governo Berlusconi un anno fa. Alcuni indirizzi del governo vanno recepiti, i costi vanno contenuti. Ma sulla composizione della Regione non possiamo farci dettare legge da Roma, è competenza della nostra autonomia. Siamo tutti d’accordo sulla riduzione dei numeri, 25 consiglieri regionali sono più che sufficienti. Aboliamo anche le porte girevoli. E tagliamo anche i fondi ai gruppi politici, ma un minimo va garantito».

Infine il capogruppo del Pd Luca Zeni: «I tagli non mi spaventano. Siamo pronti a ridurre drasticamente i nostri costi, ma a patto che il Consiglio appronti rapidamente un Ufficio legislativo in grado di supportare i gruppi nell’attività legislativa. Ricordiamoci che la nostra Provincia ha competenze legislative primarie su quasi tutto e dunque il ruolo del Consiglio non può essere depotenziato».













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