«Portobeseno? Siamo un archivio acustico»
Intervista a Davide Ondertoller che, assieme a Sara Maino, è l’anima del Festival
BESENELLO. Fine settimana intenso quello per il Festival Portobeseno. Si intitola infatti “Radure 2” l’evento al Vecchio Mulino del Castello di Beseno a ponte sul Rio Cavallo che dalle 14 a notte alterna momenti di incontro a musica. Ore 20 il Gruppo di fiati della Banda Sociale di Cavedine e ore 21 l’inedito evento con l’ospite speciale Pierre Mariètan impegnato in un canto in armonia con la natura. Chiusura della giornata con il Coro Castel Beseno. Sabato “Radure 3” si sposta a Guardia di Folgaria dove dalle 20 verranno proposte l’installazione di Christian Marchi e poi i live set che tra elettronica e strumenti acustici dialoga con archivi sonori del luogo. Un Festival che richiama personalità da tutto il mondo e che è alla tredicesima edizione. Ne parliamo con Davide Ondertoller che con Sara Maino è anima, ideatore e organizzatore del Festival.
Cos’è Portobeseno?
«Dovendo dare una definizione secca direi un archivio acustico legato al territorio, una sorta di riscrittura del territorio che da un lato diventa memoria, dall’altro invece si fa interpretazione. Il Festival in realtà è una vetrina e una restituzione del lavoro che dura un anno. Anche qui diviso in due ambiti. Da un lato le residenze artistiche di artisti e studiosi che vengono e in simbiosi con il territorio creano uno studio che poi viene presentato in forma di installazione, concerto, performance. Di contro c’è il lavoro che viene fatto con le quinte dell’istituto scolastico della zona e che per esempio quest’anno sarà materiale del programma “Noi siamo cultura” che Feltrinelli Tv proporrà sul canale Sky LaF. Si tratta di un archivio di una settantina di storie raccontate dalle persone della zona raccolte dai bambini in otto anni di lavoro».
Quindi un Festival in crescita?
«Un Festival che dialoga con le giovani associazioni sul territorio, con la scuola, con la rete di conoscenze intessuta in anni di attività, con festival nazionali ma anche con artisti e studiosi che riusciamo a conoscere sia a Portobeseno che appunto portando i nostri format in altri festival. L’ anno scorso per esempio abbiamo lavorato sulle mappe storiche che attraverso il digitale oltre alla lettura della mappa si trasformavano in arte e performance. Una rilettura storica simile l’abbiamo prodotta su richiesta a Padova dove l’associazione commercianti ci ha chiesto una rilettura delle botteghe storiche. Quest’ anno poi il festival ha lasciato Castel Beseno per cercare nuovi luoghi e nuovi stimoli».
Cosa contraddistingue Portobeseno?
«L’originalità. Sia come festival in se che lega il luogo alle nuove tecnologie e ai nuovi linguaggi ma sempre in dialogo fra loro e in dialogo fra artisti e territorio inteso anche come comunità. Ed originalità anche nelle performance che vengono create che sono degli unicum, proprio perché intrecciate con suoni e suggestioni che solo qui possono essere registrati. Mi spiego qualche anno fa abbiamo coinvolto Radio Fontani Sounsystem che in collaborazione con i MurJah Warriors, ha prodotto l’evento H2o Dub ossia un concerto di musica dub in dialogo con la registrazione del suono di 20 fontane che si incontrano partendo da Folgaria per arrivare a Besenello. Oppure la performance di un’artista coreana che è rimasta affascinata dal suono delle campane così diverse fra loro e che lei non conosceva e con cui ha creato la sua performance».
Cosa vi ha spinto a ideare questo festival?
«Il desiderio di sviluppare un progetto originale attraverso cui narrare un territorio, che è quello che comprende Folgaria, Besenello, Volano, in un modo diverso. Per noi cultura è mettere in comunicazione la creazione artistica e le persone e creare nuovi linguaggi con cui narrare il territorio. Ricordo il lavoro di Sara Lanzi soundesigner che ha creato un’installazione sonora con il flusso di dati raccolti da Meteo Trentino riferiti a Calliano. Ma come questo ci sono molteplici esempi. L’interesse è grande perché le persone sono interessate ed infatti il pubblico c’è e anche il convegno che abbiamo fatto qualche anno fa è stato di grande successo ed interesse».
Cosa manca?
«Un referente politico amministrativo con cui confrontarsi e dialogare. Purtroppo la burocrazia a volte è davvero un deterrente contro cui lottare».
Quest’anno?
«Consiglio l’evento di venerdì sera con Pierre Mariètan. Un artista di spessore e basta leggere la sua biografia per capirlo. Dirò solo che fu allievo di Stockhausen. Farà un concerto unico a Rio Cavallo in perfetta simbiosi con l’ambiente sonoro in cui sarà calato. Un concerto ambient come quello di sabato sera invece a Guardia di Folgaria, una sfida per due set diversi in confronto con l’ambiente. Il tutto garantito anche in caso di ombrello, come già successo, la pioggia non ci spaventa, caso mai ci ispira. Per chi non può venire rimando al sito e da lì al canale you tube o soundcloud».
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