Musica

Giovanni Sollima, due concerti per la Haydn 

Martedì 5 e mercoledì 6 aprile, prima a Bolzano poi a Trento, l’Orchestra regionale sarà diretta dal violoncellista di fama internazionale. «Suono uno strumento davvero speciale, con un suono che assomiglia alla voce umana, alla nostra vocalità, che ha il nostro stesso registro»


Daniela Mimmi


TRENTO. È un musicista decisamente sfaccettato Giovanni Sollima. Oltre a essere un violoncellista di fama internazionale e il compositore italiano più eseguito nel mondo, ha una sfilza di collaborazioni eccellenti, come con Riccardo Muti, Patti Smith e Stefano Bollani, Paolo Fresu e Maro Brunello. Ma fa anche istallazioni e compone per la televisione, il teatro e il cinema e la danza ed ha collaborato con Peter Greenaway, John Turturro, Bob Wilson, Carlos Saura, Marco Tullio Giordana, Alessandro Baricco, Peter Stein, Lasse Gjertsen, Anatolij Vasiliev, Karole Armitage, e Carolyn Carlson.

Sarà lui l’ospite dell’Orchestra Haydn, sia nelle vesti di solista che di direttore, nei due concerti di martedì 5 aprile all’Auditorium di Bolzano (ore 20) e mercoledì 6 all’Auditorium Santa Chiara di Trento (ore 20.30). In programma ci sono un’improvvisazione e due composizioni dello stesso Giovanni Sollima, Hide In Orchestra e Fecit Neap 17, intervallate dal Concerto per violoncello e orchestra n. 2 in re maggiore di Joseph Haydn e dal Concerto per violoncello in do maggiore di Gaetano Ciandelli, compositore ancora poco conosciuto presso il grande pubblico. Eppure è stato l’iniziatore della scuola violoncellistica italiana e allievo prediletto di Paganini, tanto da essere definito “il Paganini del violoncello”.

Ci facciamo presentare direttamente da Sollima il programma scelto per il doppio appuntamento regionale insieme al direttore artistico della Haydn, Giorgio Battistoni. «C’è un sottile fil rouge che unisce tutti i pezzi. Ciandelli lo inseguivo da anni e l’ho scoperto durante il lockdown, una di quelle figure sommerse, perse e ritrovate. Lui era napoletano. Haydn è il mio tributo all’orchestra. Anche lui era legato a Napoli e a Borbone. Hide In Orchestra mi era stato commissionato proprio dalla Fondazione Haydn ed è una sinfonia ispirata a lui. Fecit Neap 17 risale al 2013 e il titolo viene da una delle etichette usate dai liutai e si riallaccia al glorioso ‘700 della Cappella Vicereale di Napoli».

C’è stato un momento preciso in cui si è innamorato del violoncello?

No, perché lo avevo in casa. Un Natale, quando ero molto piccolo, l’ho ricevuto come regalo, ma io ero arrabbiato perché insieme al violoncello non c’era anche la prima lezione.

Secondo lei che cos’ha il violoncello in più o di diverso dagli altri strumenti a corda?

Penso che sia in qualche modo speciale perché il suo suono assomiglia alla voce umana, alla nostra vocalità, ha il nostro registro.

Lei suona un violoncello Francesco Ruggeri del 1679. Dove l’ha trovato? Cos’ha di particolare?

L’ho cercato a lungo e trovato quasi per caso circa negli anni Ottanta. Oggi non è difficile trovare strumenti antichi: ci sono nelle banche, nelle fondazioni, presso i collezionisti. Un buono strumento deve avere le misure, la verniciatura, la bombata perfette. Ma soprattutto la stagionatura che è superiore negli strumenti antichi. Che inoltre hanno anche una loro storia tutta da raccontare.

Lei ha suonato anche musica rock e jazz. Ma qual è la sua musica preferita?

Sono un pessimo ascoltatore, devo ammetterlo, e i miei gusti musicali cambiano a seconda del momento.

Lei suona strumenti antichi, orientali, elettrici e di sua invenzione. Quali sono i più particolari?

Ne ho costruiti tanti. Tra questi ci sono il violoncello di ghiaccio, di fieno e quello di alluminio.

Ha inventato e suonato anche in Val Senales il violino di ghiaccio. Ma com’è il suo suono? E non si scioglie?

Ha un suono molto particolare creato proprio dal ghiaccio. No, non si scioglie, semmai si crepa perché la pressione delle corde è di circa 70-80 chili. È anche la crepatura che rende particolare il suono. Semmai esplode!

Ha suonato nel Deserto del Sahara, ma come ha fatto a suonare sott’acqua?

Non è stato difficile perché il violoncello galleggia!

Suonare per lei non è un fine, ma un mezzo. Per arrivare dove?

Per comunicare con un altro tipo di linguaggio, più diretto, senza la retorica delle parole. La musica è un linguaggio parallelo, chiaro, senza fronzoli, che può essere compreso da tutti. Per quello è stata usata anche nelle guerre, nelle rivoluzioni.

Dicono che lei suona la musica classica come se fosse jazz. È d’accordo?

Quello non lo so, non amo molto le etichette. Ciò che so è che io vado alla ricerca delle radici, rifiuto le edizioni moderne. Cerco la fonte, il primo manoscritto, la prima edizione. Salto centinaia di anni e rifiuto la moderna stratificazione che nell’arco del tempo depista. La conoscenza dà libertà…













Scuola & Ricerca

In primo piano