Presena, il ghiacciaio “paziente” speciale per il glaciologi del Muse
Sarà analizzato lo stato di salute del ghiacciaio e l’impatto che hanno avuto in 13 anni i teli geotessili
TRENTO. Come sta il Presena? Un progetto scientifico analizzerà le condizioni del ghiacciaio.
La società impiantistica Carosello ha chiesto ai glaciologi del Muse di Trento di valutare lo stato di salute del ghiacciaio a cavallo tra Valle Camonica e Val di Sole e l’impatto avuto dai teli geotessili in tredici anni per consolidare il manto nevoso Passo Tonale.
Il punto di caduta è quello di garantirgli un futuro senza tuttavia precluderne l’utilizzo a fini turistici. «Il Presena è una delle meraviglie che la natura ha donato al nostro territorio. Un vero patrimonio dell’umanità che vogliamo riuscire a preservare per farlo ammirare ancora per molto tempo» spiega Dade Panizza, presidente del Consorzio Pontedilegno-Tonale.
«Il primo passo per farlo è fotografare la situazione attuale e capire se le scelte fatte finora vanno nella direzione giusta. I risultati delle analisi verranno presentati a fine estate».
Nell’inverno scorso la pandemia ha bloccato l’afflusso turistico, ma sul Presena il Consorzio ha comunque “sparato” neve per aumentare e consolidare lo strato nevoso, attraverso una rete di dieci innevatori, capaci di una portata oraria di 220 metri cubi.
Uno sforzo imponente che si traduce anche in un investimento economico importante (la spesa media annua, tra gestione e manutenzione supera i 420mila euro). Ad aprile sono state condotte alcune misurazioni sull’accumulo della neve di questo inverno.
«Siamo arrivati a cinque metri» rivela Christian Casarotto, glaciologo del Muse. «Un’altezza che non ci può far stare tranquilli. Non dobbiamo infatti farci trarre in inganno dalla percezione che quest’ultimo inverno sia stato particolarmente foriero di nevicate. Abbiamo senz’altro avuto neve anche a bassa quota.
Se però guardiamo alla totalità dei ghiacciai alpini, il trend alpino di arretramento continuerà, anche se dovessimo avere un’estate più fresca delle precedenti».
L’arretramento di tutti i ghiacciai alpini d’altra parte sembra irreversibile. «Per invertire la tendenza – spiega Casarotto – bisogna dare tempo alla neve di trasformarsi in ghiaccio e dopo quattro-cinque anni, dare tempo al ghiacciaio di spostarsi da monte verso valle. Ecco perché è importante un trend continuo di inverni nevosi ed estati fresche».
Certamente il Presena ha il vantaggio di essere coperto d’estate dai teli (cinque metri di larghezza per settanta di lunghezza ciascuno) ideati per ridurre l’ablazione estiva di ghiaccio. Anno dopo anno, la superficie di ghiaccio coperta dai teli è peraltro cresciuta: dai 40mila m² del 2014 si sono superati i 100mila m² del 2020.
Già nel 2014, le analisi dell’università di Milano nel “progetto teli” hanno evidenziato valori medi di albedo (l’unità di misura del potere riflettente di una superficie) di 0,64 contro un valore medio di 0,43 per il resto della superficie glaciale. Il settore coperto in media ha un assorbimento di energia solare del 36% mentre la superficie non coperta ha assorbito il 57% dell’energia solare. Complessivamente l’azione del telo nel modulare i flussi energetici radiati assorbiti dal ghiacciaio porta, per il periodo di sperimentazione, a una riduzione dell’ablazione del 52%.
«Senza gli interventi dei teli geotessili esti, la situazione sarebbe probabilmente peggiore – osserva Casarotto – ma certo non può e non devono essere considerati la medicina per curare né il Presena né gli altri ghiacciai alpini. La strada passa per una riduzione globale delle emissioni climalteranti. Dobbiamo tenere a mente che in questa lotta siamo tutti coinvolti. E per garantire ta a questi gioielli di ghiaccio contano molto i comportamenti e le scelte che facciamo in tutti i giorni dell’anno, anche quando siamo in città, lontani centinaia di chilometri da questi luoghi».