Cavit regge sul mercato nonostante l’anno difficile. Vertici confermati
Fatturato in calo a livello consolidato dopo l’addio a Casa Girelli. Stabile il risultato netto
TRENTO. Pur in un anno molto complesso con il consumo dei vini in calo ovunque, il Consorzio della Cantine sociali del Trentino, Cavit, riesce a consolidare il bilancio dell’esercizio precedente. Di fronte a questi dati esprime soddisfazione Lorenzo Libera presidente del Gruppo dal 2018 e riconfermato oggi dai soci come tutto il resto del CDA, dal Vice Diego Coller a tutti gli altri consiglieri .
Com’è noto Cavit riunisce 11 cantine sociali del Trentino per un totale di 5250 soci viticoltori e rappresenta il 60% dell’intera produzione vinicola del Trentino. Cavit include anche la Cesarini Sforza al 100%, la GLV Srl all’80% e la tedesca Kessler al 50,10%.
Dal bilancio approvato oggi dall’assemblea dei soci emerge come il fatturato di Cavit sia aumentato dell’8,6% mentre sul piano patrimoniale siamo in presenza di un rafforzamento con un più 6,10%, mentre il risultato netto è passato da 4,8 milioni dell’esercizio precedente ai 4,9 milioni di euro di questo esercizio pur in presenza di una riduzione complessiva del fatturato dovuta alla chiusura delle attività di Casa Girelli che incideva per una cifra pari a 18,2 milioni e che ha portato il consolidato in flessione del 5,2%, ma il netto del Gruppo è nonostante questo aumentato come detto di oltre l’8%.
Il fatturato Cavit è passato da 200 a 218 milioni. Ma com’è possibile questo risultato in un anno nel quale la domanda del vino è in flessione ovunque, per il rallentamento dell’economia mondiale e il deterioramento della fiducia dei consumatori che hanno impattato significativamente sui consumi, specialmente nel settore vitivinicolo? Il Gruppo ha dovuto operare con particolare attenzione alle dinamiche di mercato, commenta a margine dell’assemblea il direttore Enrico Zanoni, sono stati possibili per l’internazionalizzazione dei mercati. I cali, ha ricordato il direttore, hanno toccato tutti i mercati, dagli Stati Uniti, il nostro più importante partner, al resto d’Europa. Sicuramente ha inciso l’internazionalizzazione dei mercati: Cavit vede l’export attestarsi sul 75.7% dell’intero fatturato, contro un 24, 3% del mercato italiano, ed anche la remunerazione negli USA è sempre molto buona.
Preoccupazione egli ha espresso per l’arrivo di Trump che pare intenzionato ad applicare pesanti dazi sulle importazioni. Se succedesse quello che è successo in Gran Bretagna, sarebbero dolori per tutti. Un ruolo sempre più importante lo sta avendo lo spumante che oggi rappresenta oltre il 20% del fatturato Cavit, ma che appena 20 anni orsono aveva un’incidenza molto bassa. Se le cose proseguiranno così lo spumante potrà raggiungere il 40% del fatturato Cavit.
Zanoni, notoriamente prudente, si spinge ad affermare che nelle zone vocate visto l’andamento del mercato, è meglio espiantare il Muller Thurgau per sostituirlo con lo Chardonnay e il Pinot nero base spumante. Sempre per valorizzare lo spumante, la cantina Altemasi, dal nome del prodotto di punta negli spumanti Cavit, ha visto importanti interventi di efficientamento energetico e di ampliamento degli spazi con il rifacimento dell’isolamento della copertura e la realizzazione di una nuova area pulifunzionale. Un accenno alla sostenibilità, tema sul quale Cavit è impegnata da anni con il suo team tecnico in collaborazione con la Fondazione Mach e la Fondazione Kessler. Il tema, ha ricordato il direttore, è molto complesso e non si può ignorare, anche in presenza di una normativa comunitaria di recente entrata in vigore, molto complessa e di difficile applicazione ed anche la sensibilità dei consumatori è in costante evoluzione.