Agricoltura

Aumenti folli delle materie prime, il grido di dolore degli allevatori trentini: «Da soli non ce la faremo»

Il mondo della cooperazione lancia un appello alla Provincia: «Siamo ad una situazione di collasso». Per energia elettrica e gas aumenti del 304% e del 404%



TRENTO. Il mondo della cooperazione con in testa il presidente della Federazione Roberto Simoni, è sceso in campo in difesa degli oltre 800 allevatori che stanno vivendo il momento più difficile degli ultimi decenni. Prezzi dei loro prodotti latte e formaggi fermi da oltre un decennio e costi delle materie prime che hanno raggiunto prezzi insostenibili per qualsiasi allevamento di montagna in particolare.

Alla Federazione degli Allevatori, in un incontro, erano presenti i vertici di tutti gli organismi di settore: il presidente degli allevatori Giacomo Broch, quello del Trentingrana Stefano Albasini, quello della Latte Trento con il direttore Renato Costa e Sergio Paoli.

È stato il presidente della Federazione Roberto Simoni a lanciare un primo appello seguito dagli altri leader di settore. «Non è un problema del settore zootecnico, ma riguarda l’intera comunità trentina», ha esordito Simoni, ricordando come gli allevatori siano ormai «arrivati ad una situazione di collasso, da soli non potranno mai farcela, serve un impegno corale da parte di tutti: giunta provinciale, grande distribuzione organizzata, in testa. Questo, perché non si tratta solamente di un problema di sostenibilità economica ma sociale ed ambientale».

Dal canto suo il presidente degli allevatori, finalmente un allevatore dopo tanti anni di interregno, Giacomo Broch, ha inquadrato con la forza dei numeri la drammatica situazione nella quale si trovano a lavorare gli allevatori. «Sappiamo che dal punto di vista economico non incidiamo molto ma il nostro ruolo è fondamentale per la conservazione del territorio», dice Broch, allevatore con stalla a Passo Cereda, una testimonianza del ruolo degli allevatori nella conservazione dell’ambiente montano. «Sono 20.000 gli ettari di prati che vengono falciati dai nostri allevatori, mentre le nostre 324 malghe dispongono di 90 mila ettari di pascoli che noi manteniamo come giardini per i nostri turisti. La media per stalla è di 25 capi mentre il totale delle vacche da latte sono 20.500 e 14 mila le manze da rimonta».

«Ma noi», ha sottolineato Broch con un caldo appello, «non possiamo chiudere temporaneamente in attesa di tempi migliori, le nostre stalle più grandi non si possono fermare producendo in perdita, ma quelle piccole rischiano la chiusura con un grave danno per l’ambiente. Il nostro forte appello per evitare eventuali chiusure con i danni che comporterebbero per l’ambiente e per la tenuta del territorio è pertanto quello di un intervento immediato a sostegno dei costi insostenibili per noi allevatori».

Stefano Albasini, presidente Trentingrana, dopo aver ricordato che gli allevatori trentini producono ogni anno 125 mila forme di Trentingrana oltre ai vari Puzzone, Spressa, Asiago e tanto altro, ha denunciato che «se le cose non cambieranno in fretta le stalle chiuderanno e le nostre valli perderanno la loro vita. Sono troppi mesi che questa situazione peggiora ora speriamo che il nostro appello venga accolto», ha concluso Albasini.

È toccato a Sergio Paoli, direttore di Latte Trento, presentare analiticamente gli spaventosi aumenti subiti dagli allevatori. «La razione alimentare ha registrato un aumento di 2 euro/capo/giorno in due anni passando da 6,09 euro a 8,07, più 32,5%, a causa dell’aumento di soia più 36%, farina d’orzo più 54% fieno più 15%. Fuori controllo l’aumento delle fonti energetiche mentre il comparto zootecnico è un comparto energivoro. L’energia elettrica è cresciuta del 304% rispetto al 2020, il gas del 404%.  La bolletta energetica ha fatto lievitare i costi di quasi due milioni per il gas, 1,3 milioni per l’elettricità. Aumento a due cifre anche per imballaggi, bottiglie, tappi».

Di qui l’accorato appello unanime lanciato da tutte le organizzazioni cooperative di rappresentanza degli allevatori e della Federazione perché venga affrontato senza indugio la situazione che è diventata ormai insostenibile, questo anche perché a differenza di altri comparti non è possibile scaricare sui consumatori gli aumenti dei costi, occorre che tutte le componenti della filiera e le istituzioni pubbliche individuino forme di compensazione per permettere ai produttori di reggere il pesante colpo in quanto la situazione è drammatica. C.B.













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