Le nozze dei migranti nigeriani
Cerimonia a Ospedaletto. Il sindaco: «La vostra decisione di fermarvi qui è un vantaggio per il paese»
OSPEDALETTO. Per il sindaco, Ruggero Felicetti, non si è trattato di un evento così straordinario: «In tredici anni che sono sindaco - dice - avrò celebrato una quindicina di matrimoni, anche se nessuno nella prima consiliatura». Ma il matrimonio tra Happy Ogbeni e Augustina Asieme, per il paese, che conta meno di mille abitanti, è un primato storico assoluto. Niente politica ieri nella sala del consiglio, con il sindaco in fascia ufficiale e i testimoni Paul, anch’egli nigeriano come gli sposi, e Bruno Pecoraro dell’associazione Mondinsieme, l’interprete dall’inglese, una ventina di connazionali di Happy e Augustina e alcuni rappresentanti di Cinformi. la politica non è entrata, per dare invece spazio a una umanità, tenera e accogliente, sorprendentemente felice e orgogliosa per questi due giovani, non ancora, e forse mai, cittadini italiani, ma solo residenti, dagli occhi pieni di futuro; lei portando fiera un pancione segno di una imminente nascita per il perfetto candidato protagonista del presepe vivente di quest’anno in piazza.
Due giovani provenienti dallo stesso paese dal quale proviene la maggior parte dei migranti sub-sahariani che sbarcano sulle coste italiane, 36 mila nel 2016 e 18 mila lo scorso anno. Lei era entrata nel programma Cinformi ad Ancona, ma prima dell’interessamento di Pecoraro non era riuscita nemmeno a farsi la carta d’identità; lui è stato inserito in un appartamento a Borgo dal quale, prima che Mondinsieme gli trovasse un alloggio a Ospedaletto, faceva avanti e indietro in bicicletta per andare al lavoro alla Nami Porte. A giudicare dall’eleganza degli sposi e dei loro ospiti, ma anche dallo stile, dalla loro presenza, bellissimi, che non sembra esagerato definire nobiliare, si capisce meglio perché il sindaco, nell’accoglierli e salutarli, ha voluto sottolineare quale «vantaggio sia per Ospedaletto - ha detto - questa vostra decisione di fermarvi e formare una famiglia».
Parole del tutto in controtendenza rispetto al clima culturale che pare si stia instaurando anche in Trentino. «Li abbiamo aiutati - dice Pecoraro - a fare le carte per arrivare a questo giorno. Mi sembra che sia quel minimo di umanità per non farli sentire soli e che ci permette di resistere a un mondo di egoismi e di chiusure. Dare loro una mano a inserirsi nel tessuto sociale, insegnando loro l’italiano, cercando una possibilità d’alloggio e di lavoro, assieme alla patente di guida, è per la mia associazione, e anche per me come figlio di migranti, la strada maestra da percorrere per dare una speranza anche alla nostra società».
A Ospedaletto, divenuto per un giorno un angolo di mondo a colori dove si è potuta respirare l’aria di Lagos, la quinta città più abitata del pianeta e centro creativo globale in campi come la moda, la musica e il cinema, l’integrazione si è dimostrata non solo possibile, ma addirittura un’imperdibile opportunità.
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