CIMBRI

Il Pinocchio di Collodi ora parla in cimbro 

Folgaria, presentata la versione del grande classico per ragazzi tradotta da Andrea Nicolussi Golo



FOLGARIA. Lo statuto della comunità cimbra ha il dovere di salvaguardare la lingua cimbra e i suoi cittadini hanno il diritto di esprimersi nel medesimo idioma. Questo è previsto nell'ordinamento che sottende l'attività della Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri.

E la presidente Nicoletta Carbonari si adopera da sempre a riscoprire origini, individuare confini entro i quali la lingua veniva usata nella storia più o meno recente, spendendosi per mantenere viva una lingua che fino a non molti anni orsono era diffusa su tutto l'Altopiano, facendo funzionare a dovere lo sportello delle minoranze, gestito da Andrea Nicolussi Golo.

Ora anche i cimbri hanno il loro Pinocchio, traduzione del testo di Collodi, ad opera di Nicolussi Golo e finanziato dalla Comunità.

Un intero pomeriggio, seguito da una sala gremita, durante il quale si è discusso della funzione profonda del libro tradotto. Nicolussi Golo sostiene che la lingua cimbra non è solo un fatto orale: iniziando dal 1602 con la stesura del catechismo, molto si è scritto.

Manca solo un cantore come Mistral per gli occitani, manca la narrativa perch{ coloro che hanno scritto grammatiche e compilato vocabolari non si sono mai espressi in prima persona.

Insomma si è raccontato per via orale e redatto saggi ma non narrato.

Perché ha scelto Pinocchio? «Non solo perché dopo il Piccolo Principe è il più tradotto - risponde l’autore -, ma perché la sua lettura mi ha sempre fatto paura e quindi ho cercato di esorcizzarla con la mia lingua madre. Per me è una terribile favola che passa da letture maliziose a riflessioni politiche. A personaggi buoni alterna personaggi cattivi fino alla fine. Qualcuno mi ha chiesto perché scrivo in una lingua parlata e compresa da pochi. Rispondo che anche la mamma in fondo racconta le favole a un solo bambino, ma per questo il fatto non è meno importante. Scrivo per leggermi, il fatto mi commuove e mi fa ridere».

Segue una dotta ricerca illustrata dal professor Ermenegildo Bidese, presidente del Comitato scientifico Kulturinstitut Lusern, la quale racconta l'evoluzione della lingua cimbra partendo dal documento della Parabola del figliol prodigo del 1810, testo più antico della antica lingua. Luserna è solo la punta di un iceberg sepolto dove giacciono ampie aree in cui si parlava cimbro e comprendono luoghi delle province di Trento e Verona, oltre a Bassano.

Il documento è stato ulteriormente approfondito da Francesco Zuin il quale ha affermato che per ora non è possibile pubblicarlo perché mancano le necessarie autorizzazioni.

Chiude il pomeriggio il saluto di Mario Nicolussi Zom, consigliere delegato alla minoranza linguistica della Magnifica Comunità Cimbra, dopo aver consegnato i diplomi che attestano la conoscenza dell'antica lingua a quattro studenti che hanno concluso il corso. (f.m.)













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