«Vincere l’indifferenza per dire no alle guerre»
La Marcia della pace è stata introdotta dalle parole di suor Teresina Caffi missionaria in Congo. L’arcivescovo Bressan: «Non rinunciamo a sognare»
TRENTO. «Se solo l'anno scorso sono stati cinquanta milioni i profughi, gli sfollati o comunque persone che sono state costrette ad abbandonare la loro casa, vuol dire che il mondo ha la febbre a 40 e che va curato». Ha esordito così suor Teresina Caffi, quando ieri pomeriggio nella chiesa di San Pio X è entrata nel vivo del suo racconto della vita missionaria nella Repubblica Democratica del Congo: uno stato che ha enorme ricchezze tutte “rapinate”, dove ci sarebbero centoventi milioni di ettari coltivabili, ma la gente vive mangiando radici e qualche volta pesce.
E per vedere un mondo diverso, basterebbe solo cambiare prospettiva: «Immaginiamo di poter andare sulla luna ed osservare la terra che vedremmo come un'unica sfera senza confini come lo è il volo degli uccelli o la forza del vento. La natura non li ha creati, ma è stato l'uomo e proprio per colpa dei confini, ci sono guerre e violenza».
Suor Teresina Caffi, che conosceva bene le tre missionarie Saveriane Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernadetta Boggian barbaramente uccise nel 2014 in Burundi, ha ricordato i cattolici assassinati in vari Stati in coincidenza del Natale: «Il loro martirio non deve scatenare reazioni, ma far riflettere e farci capire che siamo di fronte ad una scelta: conservare o rompere quell'indifferenza che ci porta a non vedere i problemi, pensando solo a noi stessi. O peggio ancora a non informarci nemmeno, per evitare di prenderne coscienza e magari esserne coinvolti».
Sono state parole serene, alle volte crude, ma dette sempre con entusiasmo quelle pronunciate da Suor Teresina Caffi all'apertura della 49.ma edizione della Marcia della pace, organizzata dalla Diocesi trentina nell'ambito dell'iniziativa nazionale. Nel racconto anche uno spunto di riflessione: «La guerra non è una risposta al terrorismo, ma lo alimenta ed in Congo si dice che se non si vuol morire in guerra si deve fare il militare. Si perché tra le milizie avversarie non ci si uccide, ma si spartiscono gli obiettivi. Ovvero popolazione innocente che vive in villaggi il cui sottosuolo è il reale oggetto del contendere, ma per questo si uccidono tanti innocenti».
Dalla chiesa di San Pio X ha preso il via la Marcia della pace che percorrendo via Mattioli, via Lorenzoni e via Endrici ha raggiunto il Duomo, accolta dai canti del Minicoro di Rovereto diretto dal maestro Giampaolo Deicampi.
Durante la funzione, che si è svolta in una cattedrale gremita, ha preso la parola l’arcivescovo Luigi Bressan, che ha invitato a riflettere sul messaggio di Papa Francesco che accompagna l'edizione 2016 della marcia: “Vincere l'indifferenza e conquistare la pace.” «La pace è possibile se non rinunciamo a sognare. Al di là della parentesi della guerra nell'ex Jugoslavia, per l'Europa sono 70 anni di pace: un periodo così lungo senza guerra non c'era mai stato. Quando sono stati istituiti l'Onu e la stessa Europa, lo si è fatto a garanzia della pace. Oggi sembra non essere più così, ma la risposta è nel bisogno di conversione».
Nella sua omelia il riferimento è stato al messaggio del Papa che ha invitato ad opporsi alla violenza, non cedendo all'esaltazione dei conflitti, nemmeno a quelli del passato: «Sarà necessario vegliare contro le formule più subdole di incitamento all'odio sia razziale che religioso, sociale che politico». Quanto raccolto durante la marcia e le funzioni religiose è stato donato all'Associazione “Slavesnomore” che a livello internazionale si impegna perché non ci siano più donne schiave.