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Una nuova via in Paganella dedicata a Bruno Detassis

A tracciarla due mostri sacri dell'alpinismo, Rolando Larcher e Luca Giupponi. "Giorni passati in parete godendoci ogni particolare di un balcone su Bondone, Stivo e Dolomiti". Nel 1932 il "re del Brenta" aprì la via Diretta, seconda via della parete


Elena Baiguera Beltrami


PAGANELLA. “Il re del Brenta” ora non è più soltanto il deferente appellativo con il quale gli alpinisti amano ricordare Bruno Detassis, ma è anche il nome di una nuova via sulla Paganella, quella che Rolando Larcher e Luca Giupponi hanno aperto nel corso di diverse ascensioni nell’estate e autunno 2022.

Anche i loro sono nomi che non hanno bisogno di presentazioni nell’ambito dell’arrampicata sportiva. Sia Larcher, classe 1965, Accademico del CAI, che Giupponi, istruttore della Nazionale Senior di Arrampicata Sportiva. I due alpinisti, protagonisti di innumerevoli ascensioni sulle falesie del Trentino e in giro per il mondo e spesso anche compagni di cordata, hanno aperto e liberato “Il Re del Brenta” (7b+ max, 7a obbligatorio, 305 metri) in Paganella, una via che si inserisce tra la Direttissima di Maestri e Baldessari del 1959 e la Super direttissima tracciata da Loss e Tabarelli nel 1965.

«Abbiamo appreso – dichiara Rolando Larcher nella relazione scritta in occasione della conclusione dell’impresa alpinistica - che esattamente 90 anni prima, nel settembre del 1932, a 22 anni, Bruno Detassis aprì in Paganella la via Diretta, la seconda via della parete, assieme a Pedrotti, Corrà e Bianchini. Pertanto, ricordare Il Re del Brenta ci è sembrata cosa spontanea quanto doverosa».

Anche un pragmatico istruttore nazionale come Giupponi è emozionato e gratificato sia per la dedica a Detassis, che per questa nuova via aperta al piacere e alla soddisfazione di altri alpinisti che la vorranno tentare. «Aprire una via mi affascina – scrive nella relazione pubblicata su un sito specializzato di alpinismo e montagna - perché siamo i primi a mettere le mani su queste rocce. Mi piace perché non c’è fretta, non si deve uscire dalla parete in giornata, si deve cercare di aprire bene, ognuno si prende il suo tempo, si entra in simbiosi con la parete e con il compagno, passando intere giornate sugli appigli, ore su un terrazzino ad aspettare, ad osservare e a pensare. Questa lentezza mi piace, è un privilegio, cerco di vedere il maggior numero di particolari e di ricordare il più possibile. Questa parete è un balcone eccezionale sulla Valle d’Adige, su Trento, il Bondone, lo Stivo, le Dolomiti. Così tra un tiro e un pensiero, una sera inaspettatamente arriviamo in cima, contenti ma forse anche un po' dispiaciuti che questa linea sia finita. Stiamo seduti sfiniti sul bordo della parete, insieme a 250 metri di statica, due mezze, il cordino da recupero, il bidone e tutto il resto del materiale. Giù a Trento si accendono le prime luci, dietro a noi un incredibile tramonto sul Brenta».

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