Truffa all’Inps, condannato Martinelli
Sentenza del tribunale di Trento: autisti italiani erano in cassa integrazione, al lavoro invece camionisti stranieri
ALA. Mentre l'azienda di trasporti aveva ottenuto l'accoglimento della domanda di cassa integrazione per alcuni dei propri autisti, a causa della carenza di ordini e commesse, i mezzi della stessa ditta erano guidati da altri lavoratori stranieri, individuati grazie ad agenzie interinali romene. Il tutto ovviamente con un costo del lavoro inferiore, fra l'altro senza che le assunzioni fossero state comunicate all'Inps.
Per questo Tullio Martinelli, titolare dell'omonima ditta di trasporti di Marani di Ala, è stato condannato dal tribunale di Trento, presieduto dal giudice Guglielmo Avolio, a 8 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Il reato è quello di truffa aggravata ai danni dell'Inps di Trento. La sentenza è dell'8 giugno, ma è stata depositata soltanto ieri.
I fatti risalgono al 2013. In piena crisi del settore autotrasporti, la Martinelli era stata costretta a richiedere la cassa integrazione per alcuni dei suoi autisti, motivando la richiesta per il calo del fatturato di circa il 60%. Le difficoltà economiche sono vere, come ha ricordato la difesa durante il dibattimento. Non a caso l'azienda attualmente si trova in regime di amministrazione controllata.
Da qui l'idea di assumere – attraverso un'agenzia interinale straniera – alcuni romeni come autisti: quindi con un ruolo identico a quello prima svolto dai lavoratori posti in cassa integrazione. Come riportato in aula anche da tre degli autisti, chiamati a testimoniare, a loro era applicato un “contratto romeno”. Ovvero con gli stessi orari e le stesse mansioni dei lavoratori italiani, ma senza che fossero previsti né la tredicesima e la quattordicesima, né il tfr. Ovvero, con un rilevante abbattimento dei costi connessi per il datore di lavoro.
Nella sentenza, il giudice sottolinea come non sia possibile «godere, a costi sensibilmente inferiori, delle prestazioni di lavoratori interinali espletanti le medesime mansioni di lavoratori posti in cassa integrazione». In più, i nuovi autisti erano stati sì inscritti nel libro unico del lavoro custodito dalla consulente della ditta, ma non era stata fatta «alcuna comunicazione all'Inps dell'utilizzo in atto di autisti somministrati da ditte romene».
In tutto questo, la truffa sta appunto nel fatto che – mentre i lavoratori italiani erano retribuiti dall'Inps, e quindi dalla collettività, per tramite della cassa integrazione – la ditta Martinelli godeva di condizioni retributive più vantaggiose nel pagare gli autisti romeni, «lucrando indebitamente sulla differenza dei costi». L'intero meccanismo è stato per altro scoperto grazie a controlli casuali, sulle strade, da parte della polizia. La sentenza – fissata in 8 mesi di reclusione – ha tenuto conto, quale attenuante, anche della «difficile situazione aziendale posta a monte della vicenda».