Sulla collina di Trento c'è fame di caseIl sindaco: "Faremo una variante"
Torna la fame di case e torna soprattutto in collina, dove i proprietari di terreni chiedono di poter edificare. «Vogliamo costruire una casa per i nostri figli», è la richiesta degli abitanti di Meano. Il sindaco Andreatta annuncia una nuova variante al piano regolatore
TRENTO. Torna la fame di case e torna soprattutto in collina, dove i proprietari di terreni chiedono di poter edificare. «Vogliamo costruire una casa per i nostri figli», è la richiesta degli abitanti di Meano. Le domande si accumulano in Comune e il sindaco Andreatta annuncia per il prossimo anno una nuova variante al piano regolatore, cinque anni dopo la battaglia del 2006.
È un annuncio a sorpresa, perché di una nuova variante nessuno ha mai parlato nell’ultimo anno. A dare la notizia è stato l’assessore l’assessore all’urbanistica Paolo Biasioli, una decina di giorni fa a Meano. In consiglio si stava discutendo un’interrogazione della Lega che chiedeva di frenare le case Itea e realizzare invece alloggi a canone moderato per i giovani della circoscrizione. Dibattito da cui è scaturita una polemica sull’edilizia privata: «Perché l’Itea può costruire e noi no?».
Meano non dimentica la battaglia dell’ultima variante al piano regolatore, quando su un centinaio di richieste di edificazione, ne furono accolte soltanto tre. Particolarmente arrabbiati i residenti di Vigo Meano, che hanno incalzato Biasioli: «Siamo delusi, non abbiamo la possibilità di costruire una casa per i nostri figli, che sono costretti a cambiare paese. Vigo Meano sta diventando un sobborgo vecchio, i giovani se ne vanno e il tessuto sociale si sta disgregando».
Immediata la risposta dell’assessore: «Capisco il problema e lo condivido. Spesso capita però che un privato chieda di rendere edificabile un terreno per costruire una casa ai figli e poi su quel terreno vengano realizzati appartamenti e palazzine. Con l’ultima variante si è voluto evitare un aumento spropositato di edifici in collina». «Nel 2012 - ha aggiunto Biasioli - vorrei fare una variante al piano regolatore in cui si possa ragionare anche di questo». «Ma per ora - ha messo le mani avanti il vicesindaco - non posso fare promesse».
Il timore, che gli uffici comunali non nascondono, è che si possano creare nuove aspettative nei cittadini. Nei tanti delusi dell’ultima variante, il cui iter partito nel 2004 si è concluso solo quattro anni dopo con l’approvazione definitiva da parte della Provincia: un migliaio le richieste di edificazione, ne furono accolte circa 300, di cui metà in modo parziale.
Per oltre due anni, a cavallo di due legislature, la commissione urbanistica del Comune passò in rassegna le centinaia di domande e poi, una ad una, le 976 osservazioni arrivate dopo la prima adozione. L’esigenza di dare risposta al maggior numero di cittadini, soprattutto a ridosso della campagna elettorale del 2005, si scontrò con i criteri (urbanistici, ambientali e di presenza dei servizi) che la commissione si era data per vagliare le richieste. Andreatta, allora assessore all’urbanistica, rivendicò di aver detto tanti no. Ma in aula il giudizio dell’allora presidente della commissione Marco Dalla Fior fu drastico: parlò di «cedimenti nella seconda adozione», di «una pianificazione a volte casuale, frammentaria, sotto la pioggia di osservazioni dei privati». E severo fu anche il verdetto dei tecnici provinciali, che bocciarono una trentina di mini-aree considerate critiche sotto il profilo paesaggistico e urbanistico, dove erano state autorizzate piccole volumetrie. Quasi tutte «ripescate», sette mesi dopo, dalla giunta provinciale.
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