Si comprano la maxivilla con i soldi dei migranti
Tre donne di Pergine a processo per truffa e favoreggiamento dell’immigrazione promettevano permessi di soggiorno ai clandestini in cambio di 4 mila euro
TRENTO. Si facevano pagare dai 3 ai 4 mila euro dagli immigrati non in regola per fornire loro il permesso di soggiorno. E facevano un sacco di soldi. Peccato che gli immigrati venivano ingannati. Tanto che tre donne componenti della banda si sono comprate per 680 milioni di lire, ancora nel 2000, una villa di 825 metri quadrati a Pergine, dove sono residenti. Non solo, si sono comprate anche una Bmw e un Mercedes. Però a Bolzano avevano una casa pubblica dell’Ipes, dopo che avevano dichiarato di essere nullatenenti. Le tre donne sono Carla Anna Postal di 63 anni e le figlie Petra e Ingrid Gardner, rispettivamente di 23 e 30 anni. In tutto sono finiti a processo tredici imputati, di cui sette accusati di associazione per delinquere allo scopo di favorire l’immigrazione clandestina per interessi economici personali. E’ iniziato ieri pomeriggio davanti al tribunale di Bolzano il processo legato alla cosiddetta «Operazione mezzaluna» che permise di bloccare un gruppo di stranieri che, in collaborazione con tre cittadini italiani, avrebbero organizzato truffe ai danni di cittadini pachistani e indiani desiderosi di raggiungere l'Italia nella speranza di trovare un lavoro. All’epoca dei fatti furono arrestati tre pachistani: Muhammad Mughal Altaf di 61 anni e i due figli Zulqarnain e Prince Shavez, rispettivamente di 26 e 24 anni. C'è chi ha pagato 3 o 4 mila euro dietro la promessa di un posto di lavoro e dell'avvio della pratica amministrativa che avrebbe dovuto concludersi con il rilascio del permesso di soggiorno. In realtà si sarebbe trattato di una truffa ben orchestrata. La polizia di Bolzano riuscì a ricostruire almeno un centinaio di operazioni truffaldine. Carla Anna Postal è la compagna di Muhammad Altaf Mughal, considerato il capo dell’organizzazione. La donna deve rispondere del reato di associazione per delinquere allo scopo di favorire l’immigrazione clandestina. Dietro compenso di 3 o 4 mila euro l’organizzazione avrebbe venduto falsi nulla osta al lavoro e contratti di soggiorno in forza dei quali i cittadini stranieri avevano poi titolo per chiedere il rilascio di regolari permessi di soggiorno. Secondo il capo d’imputazione la donna avrebbe avuto a disposizione sui suoi conti una somma in contanti pari a 790.815 euro nel periodo tra il 1997 e il 2010. Con parte di questi soldi è stata acquistata la villa di Pergine. Altro denaro è stato usato per le auto di lusso e altro ancora veniva spedito in Pakistan.