Sconto sulla multa milionaria, ma non basta

Da 8 milioni a 1,4 per elusione dell’Iva in un giro, solo presunto, di false fatture su auto straniere



ROVERETO. Una battaglia che va avanti da sei anni e che per Stefano Nucita e Rolando Gerola è molto più che un contenzioso fiscale: appartamenti e beni personali sono stati ipotecati dall’Agenzia delle Entrate; la loro attività, il salone L’Automobile 2 di via Abetone non potrebbe sopravvivere. Quindi una eventuale sconfitta li lascerebbe senza casa, senza lavoro e, quel che forse è peggio, anche logorati fisicamente, visto che dopo anni di trincea entrambi iniziano a pagare anche con la salute quella che ritengono una ingiustizia inaccettabile. Ipertensione e problemi nervosi. Tutto per essersi trovati coinvolti assieme ad altre tre aziende trentine (Spazioauto, di Aurelio Michelon, Trento Car di Bruno Scoz e Rpl Auto di Pierluigi Rigatti) in una truffa fiscale della quale, dicono carte alla mano, sono stati semmai vittime inconsapevoli. Ma per la quale l’Erario chiede loro una multa colossale. In origine di 8 milioni di euro, ora (è notizia di ieri) scesa a 1,4 milioni grazie ad una nuova normativa che riconosce la legittimità del loro operato per quanto riguarda le tasse che fino a ieri si presumevano evase. Ora resta solo l’Iva (1,4 milioni di multa erano per l’evasione dell’Iva, appunto) e per questo la riduzione. Ma suona quasi come una presa in giro.

«In concreto non cambia nulla - dicono Gerola e Nucita - perché come non avevamo gli 8 milioni, non abbiamo nemmeno il milione e quattro. E soprattutto non cambia la sostanza: noi abbiamo agito con la massima correttezza, senza evadere un euro nè nascondere nulla. Ma questo sembra non interessare a nessuno».

Il meccanismo in cui sono stati coinvolti è quello che gli inquirenti definiscono una «truffa carosello». Secondo l’accusa, un giro di fatture false che avrebbe permesso di evadere tasse ed Iva. Ma è una tesi che i due imprenditori roveretani contestano radicalmente, perché le auto provenienti dall’estero che hanno acquistato da intermediari e poi ceduto a loro clienti locali, esistono, sono state immatricolate e circolano regolarmente. Pagate in acquisto con bonifici e assegni circolari della Rurale di Mori e poi vendute, pagando regolarmente le tasse e versando anche l’Iva. «Alla fine - sostengono Nucita e Gerola - ci ritengono responsabili per i mancati versamenti di Iva e imposte dell’intermediario. Come se uno che compra un paio di scarpe e si fa fare lo scontrino, dovesse poi rispondere dell’eventuale evasione fiscale del negoziante».

Per il reato sono stati processati e condannati in primo e secondo grado: a febbraio ci sarà la Cassazione. Peraltro, solo loro due: i tre colleghi trentini, processati a Trento invece che a Rovereto, sono stati assoltigià in primo grado. Dal punto di vista tributario hanno impugnato la maximulta e sono al secondo grado di giudizio. Al loro fianco si sono schierate forze politiche ed associazioni, ma l’Agenzia delle Entrate non molla. «Abbiamo tutta la documentazione di ogni singolo passaggio - concludono - e tutti ci hanno riconosciuto di avere fatto tutto quello che dovevamo e potevamo. Ma a loro non basta. E poi si meravigliano se la gente si suicida». (l.m)













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