Profughi, ora Trento teme Bolzano

Con la ripartizione per Comuni, l’Alto Adige ne avrebbe meno. Accoglienza, in due anni 30 hanno perso i benefici


di Chiara Bert


TRENTO. Centri di identificazione ed espulsione e distribuzione dei richiedenti asilo. Sarà un vertice caldo quello di mercoledì prossimo, nella Conferenza Stato-Regioni, tra il ministro dell’interno Marco Minniti e i governatori. E se al momento resta ancora un «giallo» l’ipotesi un Cie regionale collocato nell’ex poligono militare a Roveré della Luna, rimbalzata dall’Alto Adige, visto che la Provincia non ha ricevuto nessun tipo di indiscrezione in tal senso, al tavolo con il ministro il governatore Ugo Rossi è intenzionato a ottenere chiarimenti anche su un altro punto delicato, quello della ripartizione dei profughi. «Vogliamo capire bene quale sarà la proposta sui metodi di calcolo per la distribuzione dei richiedenti asilo», ha detto venerdì il presidente della Provincia.

Oggi al Trentino Alto Adige spetta lo 0,9% dei profughi presenti sul territorio nazionale. «Una percentuale che non è in discussione, dentro un assegnazione per Regione proporzionale alla popolazione», spiega l’assessore alle politiche sociali Luca Zeni. Qualcosa però potrebbe cambiare nella suddivisione tra Trento e Bolzano - e a questo si riferisce la richiesta di chiarimento di Rossi - alla luce della proposta avanzata dall’Anci (l’associazione nazionale dei Comuni italiani) per ripartire i profughi. Lo scoglio da superare riguarda il fatto che ad oggi sono solo 2600 su 8000, circa uno su tre, i Comuni che accolgono i migranti che sbarcano sulle coste italiane. Uno squilibrio che di fronte a numeri in continua crescita non è più considerato gestibile.

E così i sindaci hanno avanzato la loro proposta: un numero fisso, 6 profughi, per ogni Comune sotto i 2 mila abitanti, e 2,5 richiedenti asilo ogni mille abitanti per i Comuni con popolazione superiore.

Il dubbio della Provincia di Trento, è che un conteggio di questo tipo possa penalizzare Trento rispetto a Bolzano: se la suddivisione interna avvenisse infatti per Comuni, l’Alto Adige che di Comuni ne ha molti meno (116 contro i 178 trentini, che pure con le fusioni sono calati) avrebbe anche meno profughi.

Visto l’impatto sociale del tema, al ministro Rossi chiederà garanzie per evitare di trovarsi poi spiazzato. Del resto il suo omologo altoatesino Arno Kompatscher, parlando al quotidiano sudtirolese Dolomiten a proposito dell’indiscrezione sul Centro per le espulsioni a Roveré della Luna, anche sui migranti aveva rilanciato l’asse con Trento: «Prima di tutto dobbiamo capire quanto il nostro territorio abbia bisogno di un Cie - ha dichiarato - io e il mio collega Rossi faremo sentire la nostra voce». Nessuno vuole immaginare un braccio di ferro tra le due Province su una questione delicata come i profughi.

Intanto l’assessore Zeni spiega che negli ultimi due anni sono stati una trentina i richiedenti asilo che in Trentino si sono visti revocare i benefici previsti dal piano provinciale di accoglienza. Con una delibera approvata venerdì, la giunta ha varato un’inasprimento per chi non rispetta le regole: perderà i benefici chi adotta comportamenti violenti, detiene o consuma droga, viene arrestato in fragranza o ospita terze persone nelle residenze dove è alloggiato. Per una serie di altre infrazioni minori (minacce, mancata partecipazione alle attività del progetto di accoglienza e mancato rispetto dei divieti come fumare o consumare alcol nelle strutture) la revoca scatterà alla quarta contestazione.

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