Prima si pettina, poi il «bagno di folla»
Trento. Prima di uscire stringe la mano a una dozzina di uomini delle forze dell’ordine (ringraziando ognuno di loro), quindi si dà una sistemata allo “chignon” e infine (sempre nell’inquadratura di...
Trento. Prima di uscire stringe la mano a una dozzina di uomini delle forze dell’ordine (ringraziando ognuno di loro), quindi si dà una sistemata allo “chignon” e infine (sempre nell’inquadratura di un «telefonino amico» che lo segue a distanza ravvicinata dall’uscita dalla sala) affronta la folla di insegnanti e studenti che gli urlano “pagliaccio” e lo invitano a “tornare a studiare”, riferendosi al suo primo atto da assessore all’istruzione, quando festeggiò il momento salutando il pubblico di Facebook con un erroraccio di ortografia. Ecco l’uscita dal palazzo della Provincia dell’assessore Mirko Bisesti, l’altra sera al termine del convegno sulle differenze tra uomini e donne. Qualcuno tra il pubblico gli dà del provocatore: perché non ha evitato il contatto con i contestatori uscendo dal retro, costringendo in questo modo numerosi agenti delle forze dell’ordine a fargli largo tra la folla prima di farlo salire su un’auto della Polizia? Con gli studenti e gli insegnanti (che poi sarebbero i suoi diretti interlocutori, visto che Bisesti è l’assessore all’istruzione) nemmeno un tentativo di confronto. Un episodio che ha scatenato decine di commenti (di sostenitori e oppositori) sui social network.
Sui fatti di venerdì è intervenuto ieri anche Claudio Cia per negare di aver detto genericamente “democratici di m.”: «Mi riferivo a una singola persona che mi aveva provocato». Ma intanto, sempre sui social network, girava il suo messaggio in cui la “m.” era raffigurata da un eloquente disegnino. Solidarietà alla giunta provinciale è stata espressa da Andrea Merler, vice presidente della Civica Trentina. Mentre per il gruppo “Insegnanti e genitori per la cittadinanza attiva” è intervenuto ieri Gianluca Trotta: «È molto grave che gli assessori Bisesti e Segnana abbiano abdicato al proprio ruolo istituzionale in nome di posizioni prettamente propagandistiche e di parte. Grave l'uso dell'immagine, di luoghi e di risorse pubblici; grave l’aver spacciato per conferenza pubblica che punta al dialogo chiarificatore con chi la pensa diversamente qualcosa che, a partire dai relatori presenti fino ad arrivare al pubblico “selezionato” è manifestamente rifiuto del dialogo».