Pagelle, è bufera. Sait: non dovevano uscire
Il direttore Picciarelli: «Noi abbiamo rispettato la legge». E attacca il sindacato: «Qualcuno non ha senso di responsabilità»
TRENTO. «Il senso di responsabilità evidentemente non appartiene a questo mondo. C’è qualche sigla sindacale, una in particolare, che ha ritenuto opportuno far circolare documenti che dovevano restare nelle sue mani». Il direttore del Sait Luca Picciarelli reagisce tra l’incredulo e l’arrabbiato.
Com’era facile prevedere, la divulgazione delle «pagelle» dei lavoratori del Sait (Trentino di ieri) diventa un caso, un ennesimo passo falso dentro una vicenda dolorosa terminata con il licenziamento di 80 lavoratori (20 dei quali saranno riassorbiti dalla Cooperazione, secondo l’accordo siglato a dicembre con i sindacati ). Proprio in base a quell’intesa la valutazione dei 300 lavoratori del consorzio - velocità, competenze professionali, autonomia, spirito di iniziativa, capacità relazionali - è entrata tra i criteri per decidere chi dovesse essere licenziato e chi no, con un peso del 25% (l’azienda all’inizio chiedeva il 50%) accanto ai parametri previsti dalla legge, anzianità, carichi familiari e costo del lavoro.
Ma quelle pagelline - attacca Sait - dovevano restare riservate e non finire nelle mani dei lavoratori, con tanto di elenchi e voti, voce per voce, in cui ognuno ora può sapere com’è stato giudicato e come sono stati giudicati i colleghi. Tutti, chi è rimasto in azienda e chi è stato licenziato e ora dovrà cercarsi una nuova occupazione, con la beffa aggiuntiva di doversi rimettere sul mercato con la propria pagella che gira di mano in mano.
Gli stessi sindacati (vedi articolo sotto, ndr) ammettono che la fuga di notizie rappresenta un problema. Quanto all’azienda, ieri il direttore Picciarelli è stato netto: «Le graduatorie erano oggetto dell’accordo sindacale del 20 dicembre scorso, per definizione andavano esplicitate. Abbiamo seguito la corretta procedura prevista dalla legge. Sait aveva il dovere di dare comunicazione dei licenziamenti eseguiti. Abbiamo inviato nei tempi e con i contenuti previsti una Pec alle tre organizzazioni sindacali Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs, alla Federazione, al Centro per l’impiego e all’Agenzia del Lavoro. È responsabilità degli enti che ricevono i dati trattare gli stessi in modo conforme alla normativa». E cita la norma che prevede la comunicazione dell’«elenco dei lavoratori licenziati con l’indicazione per ciascun soggetto del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell’età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta, deve essere comunicato per iscritto all’Ufficio regionale del lavoro, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria».
Potevate cancellare i nomi? «No, non potevamo - risponde il direttore - la griglia è quella prevista per legge. Se avessimo comunicato che erano due gli esuberi, nel caso di un’impugnazione del licenziamento è il lavoratore che avrebbe dovuto indicare chi deve licenziare al suo posto e quindi i nomi servono assolutamente. Se avessimo messo dei numeri, sarebbe stato impossibile il confronto». «Quello che è successo è incredibile - aggiunge Picciarelli - le pagelle dovevano restare ai sindacati come supporto in caso di impugnativa del licenziamento da parte del singolo lavoratore, chi le ha fatte girare se ne assume la responsabilità e non è Sait». «Ma lo abbiamo visto in questa trattativa, il senso di responsabilità è mancato e questa è la ciliegina sulla torta». Di fronte a questa situazione, resta il disorientamento di molti lavoratori. «Oggi - rileva il direttore di Sait - si è quasi completato il percorso. Ahimè, chi è fuori avrà un elemento in più per irritarsi e chi è dentro tutto sommato, avendo salvato il posto di lavoro dentro un’azienda che si sta rilanciando, ritrova serenità. Non c’è impatto negativo sul clima interno all’azienda, ma - conclude Picciarelli - io per primo sono dispiaciuto se chi è fuori, e già si trova ad affrontare un difficile percorso di ricollocazione, si trova in questa situazione. Ma anche in questo caso, come per altri passaggi, devono andare a bussare alla porta del sindacato e non dell’azienda».
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