Oltre duemila firme per limitare l’uso dei fitofarmaci
L’associazione “Salute ambiente economia” preoccupata: «I turisti temono la svalutazione delle loro abitazioni»
SMARANO. È urgente porre vincoli urbanistici sull'avanzata in quota dei meleti, altrimenti si rischia di perdere il turismo e la possibilità di un'economia integrata che superi la monocoltura. Una prospettiva che preoccupa il gruppo Sae (Salute Ambiente Economia) alle prese con una raccolta di firme per sostenere la mozione che da qualche mese giace, in attesa di discussione, nell'assemblea della Comunità valle di Non.
«La protesta dei cittadini e residenti per l'avanzata dell'agricoltura intensiva è sempre più diffusa. Per esempio sulla Predaia e precisamente a Smarano alcuni residenti e turisti hanno interessato i media per testimoniare la loro situazione di disagio e preoccupazione per un impianto di meleto a coltura integrata (con uso di pesticidi di sintesi). Questa naturalmente è la punta di un iceberg che sta crescendo sempre più. La politica non può esimersi dal prendere degli adeguati provvedimenti urbanistici nel prossimo Piano Territoriale di Comunità», scrive il capogruppo Virgilio Rossi ricordando che Sae ha raccolto finora più di 2.000 firme a sostegno della mozione presentata in Assemblea.
Le preoccupazioni manifestate a Smarano nel corso di un servizio messo in onda sulla Rai regionale sono per l’impatto paesaggistico dovuto ai pali di cemento e reti antigrandine, ma soprattutto per i pesticidi utilizzati nei trattamenti fitosanitari che inevitabilmente raggiungeranno le loro case, contaminando orti e giardini e quindi riducendo sensibilmente la qualità e la vivibilità della propria abitazione. «Ma la preoccupazione maggiore è dovuta al fatto che queste sostanze, sono dannose per la salute», ricorda Rossi. Inoltre, e non secondariamente, i turisti delle seconde case che si sono trovate in poco tempo quasi circondati da meleti intensivi, temono nella svalutazione delle loro abitazioni in caso di vendita, sempre ammesso che vi sia l’interesse da parte di qualcuno ad acquistare immobili vicini ai frutteti intensivi. «Non sono rari i casi in Val di Non di chi esasperato dai continui trattamenti effettuati in prossimità delle loro abitazioni cercano di “svendere” a prezzi ribassati e cercano alloggi in Alta Val di Non», annota Rossi. La rabbia cresce e i proprietari di appartamenti dove da anni passano parte del periodo estivo apprezzando il paesaggio, la salubrità, la tranquillità di queste zone promettono battaglia fino al punto di interessare la procura in particolar modo per quanto riguarda la deriva dei pesticidi verso le loro abitazioni. Una situazione che rischia di diventare esplosiva, e sicuramente non favorevole al mantenimento e l’eventuale sviluppo del turismo in Val di Non, soprattutto nelle località turistiche. «Per questo auspichiamo che nostra mozione che impegna la Comunità di valle a porre concreti vincoli urbanistici allo sviluppo della frutticoltura intensiva nei 12 comuni nonesi oggetto dello studio di vocazionalità, venga accolta dall’Assemblea. Se vogliamo che la sinergia fra turismo-agricoltura decolli in Val d Non è necessario affrontare concretamente le criticità della frutticoltura intensiva ed in particolar modo salvaguardare le zone turistiche della valle, sviluppando altri modelli agricoli destinati prevalentemente al consumo locale», conclude Rossi. (g.e.)