Mart e Muse: Trento e Rovereto unite per i due gioielli


Alessandro Andreatta


È una riflessione non solo necessaria, ma doverosa quella avviata ieri da Paolo Mantovan sui musei d’eccellenza trentini. Finora il dibattito s’è infatti concentrato su progettazione e costruzione delle strutture, mentre poca attenzione è stata dedicata ad argomenti cruciali quali gestione, organizzazione, promozione.
Eppure è proprio qui che si gioca il futuro, non tanto e non solo di quel gioiello che è il Mart pensato da Mario Botta, non tanto e non solo del Muse di Renzo Piano, ma di tutta la nostra provincia. Muse e Mart (ma anche il Castello del Buonconsiglio e Castel Thun) potranno essere un traino formidabile per il Trentino se gestiti in modo coraggioso e manageriale. In caso contrario, se prevalessero il particolarismo e gli interessi micromunicipali, sarebbe il Trentino a dover far da traino ai due musei. E’ evidente che questa seconda eventualità comporterebbe il fallimento di due ambiziosi progetti culturali e, di conseguenza, dell’idea di città e di territorio per cui stiamo lavorando.
Mi si permetta di uscire per un attimo dal Trentino e dall’Italia. Spostiamoci in Spagna che oggi, pur possedendo un quarto del nostro patrimonio artistico, ci batte sia sui flussi sia sulla vivacità del turismo culturale. Dirigiamoci a Bilbao, dove ha sede il Guggenheim di Frank O. Gehry, uno dei musei più visitati al mondo. Nei primi dieci anni di vita questo capolavoro dell’arte contemporanea è riuscito ad attirare più di dieci milioni di visitatori. Dieci milioni di persone che hanno raggiunto Bilbao, una città industriale, capoluogo di una regione un tempo gravemente depressa dal punto di vista economico, per nulla attrattiva dal punto di vista turistico. Com’è avvenuto il miracolo? Il fascino della struttura in titanio, pietra e cristallo non basta a spiegare. Il segreto, dicono gli esperti del settore, sta nel comitato scientifico, organizzativo e promozionale, che non ha sbagliato una mossa dal giorno dell’inaugurazione del museo.
Torniamo al Trentino, che dal punto di vista turistico è tutt’altro che all’anno zero. Non siamo un’area depressa, ma scontiamo altri problemi. Un campanilismo esasperato, per esempio, che alimenta sterili contrapposizioni tra le città dei mercatini di Natale (sarebbe invece vantaggioso per tutti cercare alleanze e promuovere un tour natalizio che potrebbe coinvolgere Trento, Bolzano, Rovereto e Pergine). Scontiamo la propensione a dire molti no: no alla Casa dello Sport, no alla biblioteca di Botta, no al Muse, come se avessimo paura di turbare uno status quo di cui però siamo sempre pronti a lamentarci. Scontiamo una grande diffidenza a metterci in rete, come se preferissimo perdere un po’ di efficienza piuttosto che una piccola quota di sovranità.
Detto questo, non è certo il momento di piangerci addosso. Piuttosto dobbiamo prepararci, discutere, imparare dalle buone esperienze altrui, per non farci sorprendere dall’inaugurazione del Muse senza un progetto adeguato. Possiamo e anzi dobbiamo imparare anche dagli errori commessi con l’apertura del Mart, che è peraltro uno dei più bei musei d’Europa. Mi riferisco per esempio alla difficoltà che questo tempio dell’arte ha incontrato nel farsi comprendere dalla sua città e dall’intera provincia. Mi riferisco al progressivo impoverimento di palazzo delle Albere, che invece di diventare un valore aggiunto si è trasformato in una dependance povera e periferica del museo maggiore. Forse perché invece di sommare e moltiplicare (un museo all’altro, l’Ottocento al Novecento, Trento a Rovereto) s’è preferito dividere, sottrarre, depotenziare.
Direi che è tempo di girare pagina. Per questo, a gennaio, archiviato l’impegno del bilancio, le Amministrazioni comunali di Trento e Rovereto hanno programmato un incontro: insieme inizieremo un percorso che ci dovrà far arrivare al giorno del taglio del nastro del Muse con un progetto manageriale efficiente. Di sicuro, non sarà più consentita la gestione autarchica delle singole strutture. Non si potrà promuovere il Mart senza il Muse, né Castel Thun senza il Castello del Buonconsiglio. E non è neppure pensabile programmare mostre ed eventi senza pensare alla loro compatibilità economica, senza misurare la reale ricaduta sul territorio, senza mobilitare tutti gli attori provinciali del mondo economico, della formazione, della cultura. Mi sembra evidente che, per tirare le fila di tutto, serve una regia unica, che ci metta al riparo dal rischio dell’autoconcorrenza (proprio non ce lo possiamo permettere!) e sappia trasformare una semplice addizione di musei in una moltiplicazione di poli di attrazione. Per quanto mi riguarda, questo modus operandi dovrebbe diventare un metodo da replicare - come ho già avuto modo di spiegare - anche nella gestione dei teatri, anche nella collaborazione con lo Stabile di Bolzano, che tra l’altro solo pochi giorni fa ha rivolto a Trento un importante invito alla collaborazione.
Concludo con una proposta: quella di cercare da subito, naturalmente insieme alla Provincia, una governance diversa per il nostro sistema culturale. Mi pare che la nomina da parte delle Amministrazioni comunali di un componente dei consigli d’amministrazione non si sia rivelata molto efficace nel garantire il coordinamento tra i territori. Serve probabilmente una gestione più unitaria: spetterà a noi politici trovare la formula adatta e indicare gli indirizzi e gli obiettivi da raggiungere. Toccherà invece a una direzione manageriale far sì che Muse, Mart e gli altri gioielli trentini diventino centri culturali di livello internazionale e un volano economico per l’intera provincia.

sindaco di Trento













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