Malaria, per la morte di Sofia ora ci sono altri tre indagati 

Il caso sanitario. Dopo il no all’archiviazione del gip, richiesta di incidente probatorio che riguarda tre infermiere e un medico non più in servizio. Chiesto un parere tecnico sulla “convivenza” nello stesso reparto di bimbi infetti e non



Trento. Ci sono altri tre indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Sofia Zago, la bambina di trento morta il 4 settembre di due anni fa, dopo esser stata contagiata dalla malaria mentre era ricoverata nel reparto di pediatria del Santa Chiara. Salgono quindi a quattro le persone che sono state chiamate a rispondere dei reati di omicidio colposo e responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario. Oltre all’infermiera che era stata iscritta nel registro degli indagati a fine marzo dello scorso anno, ora ci sono due sue colleghe e un medico non più in servizio nel reparto. E sono stati raggiunti dalla richiesta della procura di un incidente probatorio per sviscerare ulteriormente quello che è successo in quei giorni di agosto. E ora il via libera dovrà essere dato dal giudice per le indagini preliminari.

L’archiviazione.

Il sostituto procuratore Marco Gallina per due volte aveva chiesto l’archiviazione per la posizione dell’infermiera che era stata indagata per omicidio colposo. Lei lavorava in quel reparto ed era in servizio il 17 agosto, giorno in cui ci sarebbe stato il contatto tra il sangue di un paziente affetto da malaria con quello della piccola. Contatto, conseguente contagio e quindi il decesso di Sofia. Le indagini - che sono state fatte dai carabinieri del Nas - hanno portato ad individuare il momento del contagio che potrebbe essere avvenuto o durante le operazione di pulizia dell’ago cannula o tramite dei guanti. Per il pm il quadro probatorio acquisito non avrebbe però portato alla certezza al cento per cento che a provocare il contagio sia stata l’infermiera e indagata (che per la sua difesa si è rivolta agli avvocati Valer e Melchionda). E quindi aveva chiesto l’archiviazione due volte. E due volte il gip l’aveva respinta.

I quesiti

Ora c’è il nuovo passaggio, con l’iscrizione di nuovi indagati e anche la previsione di un ulteriore reato che è quello di responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario. E c’è anche la richiesta, come detto, di un incidente probatorio. Si tratta, in pratica, di trovare risposte a due domande. La prima riguarda il fatto che nello stesso reparto fossero ricoverati sia bambini con la malaria che non infetti. Bambini che condividevano gli stessi spazi, gli stessi bagni, la stessa area ludica. E se tutto questo risponda a dei criteri di diligenza, perizia e prudenza. Il secondo aspetto è più tecnico e richiede la voce di un esperto per sapere per quanto tempo il sangue infetto dalla malaria possa mantenere la carica batterica.

La difesa

La prima infermiera indagata - che è stata interrogata più volte - ha sempre negato un suo coinvolgimento nella terribile vicenda, ribadendo ogni volta di aver sempre seguito le procedure previste per ogni azione in reparto e quindi negato che possa esser stata lei il «vettore» del contagio mortale. E la sua difesa aveva individuato in altre situazione il possibile e tragico contagio. Una delle ipotesi e che tutto sia successo senza il coinvolgimento di altre persone. Una delle piccole malate di malaria avrebbe sofferto di frequenti episodi di epistassi e la piccola Sofia aveva le mani segnate dalle punture necessarie per verificare il suo livello di glicemia (era ricoverata dopo l’esordio del diabete) e il contagio potrebbe essere avvenuto in bagno o in un’area comune.













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