Lavoro nero nei campi di Caldonazzo
Scoperti 5 irregolari, un agricoltore del posto rischia fino a 60 mila euro di multa. In sei mesi 150 le denunce all’Inps
TRENTO. Rischia fino a 60 mila euro di multa per aver fatto lavorare in nero i suoi 5 braccianti, un agricoltore di Caldonazzo. L’uomo, M.A. le sue iniziali, italiano, 40enne, è proprietario di un piccolo appezzamento di mele. All’inizio della settimana è finito nella fitta rete dei controlli dei carabinieri di Borgo, che stanno passando al setaccio le campagne di tutta la Valsugana alla ricerca di posizioni irregolari.
I carabinieri, dunque, tre giorni fa, stavano effettuando delle verifiche nella zona di Caldonazzo quando, in una campagna, hanno scorto lavoratori mai visti in precedenza. In un meleto c’erano due rumeni e tre italiani, che stavano lavorando per un piccolo agricoltore quarantenne della zona. Sono stati così identificati C.C., cittadino romeno 47enne, in Italia senza fissa dimora, S.A.A., cittadino romeno 26enne, anch’egli in Italia senza fissa dimora; due trentini O.D., di 20 anni, M.G., 31 anni e T.G., 31enne veneto. I cinque stavano raccogliendo mele.
Ai lavoratori è stato chiesto se avessero o meno un contratto di lavoro. La risposta è stata «No». Nemmeno il prezzo della loro prestazione era stato pattuito. Il compenso per la raccolta delle mele, secondo quanto dichiarato ai carabinieri, sarebbe stato a discrezione del datore di lavoro. Lui, l’agricoltore quarantenne, all’inizio ha accampato le più diverse scuse: i lavoratori sì, al momento, non erano in regola, ma lo sarebbero presto stati. Era solo questione di tempo. Il datore di lavoro accampava scuse che però, ben presto, sono risultate vane di fronte alle domande ed alle richieste puntuali dei carabinieri. Quei lavoratori erano in nero: cinque quelli che lavoravano per lui nella raccolta delle mele e tutti e 5 non erano in regola.
L’agricoltore non solo rischia una sanzione che va da un mino di 3 mila ad un massimo di 12 mila euro a lavoratore, ma sono al vaglio anche conseguenze penali. I controlli dei carabinieri proseguono.
Negli ultimi sei mesi, 150 le denunce all’ Inps per lavoro nero. Fra i casi più clamorosi, quello venuto a galla all’inizio dell’anno nelle campagne di Levico: tre ragazzi bosniaci che lavoravano come schiavi. Per anni (costretti a rimanere per aiutare le famiglie in patria) erano stati costretti a vivere in roulotte fatiscenti, senza l’acqua corrente. Il datore di lavoro rifiutava loro l’acqua e permetteva di farsi la doccia solo una volta la settimana. Erano costretti a lavorare oltre 270 ore al mese, ma ne risultavano 39, giorni festivi e straordinari compresi, per la paga di 4,50 euro all’ora, mentre il minimo sindacale sarebbe di 7,77 euro l’ora. Il datore di lavoro non dichiarava nemmeno tutto il monte ore: uno dei ragazzi nel 2016 era arrivato a lavorare 2.293 totali, ore lavorate in gran parte in nero. Alla Coldiretti, il padrone aveva dichiarato 416 ore lavorate, così da evitare di pagare anche i contributi. (f.q.)