«La corda scorreva, ci ha bruciato le mani»
Mauro Maltauro, comandante del corpo moriano, distrutto dopo aver visto l’amico precipitare
MORI. Appena terminati gli accertamenti dei carabinieri di Bezzecca e finito di rispondere alle domande dei militari sulla dinamica dei fatti, ormai sfinito dalla stanchezza e dalla tensione, Mauro Maltauro, comandante dei pompieri volontari d Mori, ieri in serata ha sentito come prima necessità quella di raggiungere la casa di Luca Regolini.
Con lui e con un altro pompiere di Rovereto erano partiti ieri mattina per la Val di Ledro dove avevano affrontato la “Regina del lago”, una delle più spettacolari arrampicate della zona attorno al Garda. All’andata, tutto è filato liscio. Ma appena iniziata la discesa, il dramma li attendeva al varco. Regolini era il primo a scendere, in quanto quello con minore esperienza dei tre. Ha preparato i moschettoni per la discesa in corda doppia che lo doveva portare a una sosta una ventina di metri più in basso, e alla partenza tutto sembrava regolare. Ma quando la corda ha iniziato a scorrere nell’anello (se la discesa fosse stata normale, la corda non si sarebbe dovuta muovere, agli occhi di quelli che stavano più in alto) Maltauro e l’altro pompiere, forse sentendo anche le grida disperate del compagno, hanno capito che era successo qualcosa di imprevisto. D’istinto si sono gettati sulla corda e hanno cercato di trattenerne un capo, ma invano.
La corda, strisciando sempre più veloce, per effetto dell’attrito ha provocato gravi ustioni sui palmi delle loro mani, al punto da non riuscire più a trattenerla. Una disgrazia consumata in pochi istanti, e di cui forse i due pompieri, disperati, si sentono in qualche misura responsabili. Ma pure con questo peso sulle spalle, hanno voluto presentarsi alla famiglia di Luca, per spiegare la loro disperata impotenza di fronte a quello che era accaduto sotto i loro occhi. Condividevano l’amore per la montagna, per i panorami di cui si può godere raggiungendo vette e creste, e si sono ritrovati a piangere un amico che non c’è più, strappato alla vita da una fatale distrazione, un errore umano che è sempre in agguato quando si arrampica in montagna. E che con il crescere dell’esperienza può generarsi per paradosso: basta sottovalutare il pericolo, e una volta è già di troppo.