«L'alpinismo? Ora è corsa al record»
In un nuovo libro Aste pubblica le lettere ricevute durante la sua carriera
ROVERETO. Il libro è per Nedda, e per Antonio. Armando Aste, uno dei grandi dell'alpinismo mondiale, ha dato alle stampe un nuovo libro, "Alpinismo epistolare". È il secondo libro di Aste, dopo il celebre "Pilastri del cielo", e raccoglie, in oltre 300 pagine, lettere, cartoline, messaggi arrivatigli in tutta la sua carriera da persone famose e non. Aste dedica il libro alla moglie Nedda, che gli diede l'idea del libro, ed al fratello Antonio, entrambi scomparsi.
Per il rocciatore, 85 anni, è un testamento spirituale. «Mio padre mi ha insegnato - esordisce Aste - di parlar bem de tuti, e se no de taser. Nel libro non si troveranno quindi polemiche, critiche o appunti ad altri, ma semplicemente i messaggi che ho ricevuto per la mia attività alpinistica, e qualche mia riflessione personale».
Questo formato è qualcosa di nuovo nella letteratura alpinistica.
«È una concezione nuova, di solito gli alpinisti fanno autobiografie. L'idea di trarre un libro dal mio archivio epistolare venne a mia moglie Nedda, alcuni anni fa, quando facevamo ordine in soffitta: "Dovresti fare un libro di tutto ciò". Allora mi tirai indietro: mi sembrava di costruire un auto-elogio, e queste cose non mi piacciono. Due anni fa mia moglie è mancata, ed allora ho scelto di esaudire il suo desiderio. L'ho fatto per lei, per farle sentire che le sono ancora vicino, e per mio fratello Antonio, che ho seguito per anni durante la sua malattia. Alla fine ho trovato come editore Bepi Pellegrinon, amico ed alpinista: questo libro poteva essere curato solo da un editore-alpinista».
Quali firme si trovano nel volume?
«Si va dal personaggio famoso all'uomo della strada. C'è una cartolina della spedizione tedesca al Nanga Parbat, quella con i fratelli Messner, con le firme di tutti i partecipanti. Ci sono i grandi dell'alpinismo di allora, anche internazionali come Desmaison o Bonington, degli amici Maffei o Maestri, come gente sconosciuta ai più, persone che hanno scelto di scrivermi per farmi i complimenti o per un saluto. Mi hanno scritto anche politici, locali come Veronesi o Monti, o nazionali, come Cossiga; mi è cara la lettera scritta dal romanziere Salvator Gotta. È uno spaccato di storia di alpinismo, scritta dagli stessi protagonisti e diversa da quella ufficiale».
L'alpinismo da allora è però molto cambiato.
«Io mi ritengo fortunato. L'alpinismo mi ha permesso di conoscere tante persone, tanti amici, e le amicizie fatte in montagna durano per sempre. Fortunato perché ho vissuto un periodo dell'alpinismo meraviglioso, in cui questo era ancora poesia, passione per la montagna. Adesso è tutto una corsa all'exploit, alla classifica, al superare record, l'ambizione prevale sulla passione. L'alpinismo è diventato uno sport in cui si dimentica la montagna. C'è chi ha fatto dell'alpinismo lo scopo di vita, ma nella scala di valori ci sono prima altre cose: l'amore, la famiglia, il lavoro. Poi, ognuno ha la sua mentalità. La rispetto, ma ciò non significa che la condivida».
Aste, sempre profondamente legato alla fede cattolica, operaio alla Manifattura sin da quando aveva 15 anni, vede nell'alpinismo un esempio della storia umana. «La montagna è l'immagine materializzata del cammino umano ascendente. L'aspirazione umana è quello di andare avanti, l'idea del superamento, come nel mito di Icaro. La figura dell'alpinismo è emblematica, e nella sua storia non esistono fratture, come certa retorica racconta. Ogni gradino superiore viene superato solo perché prima si sono superati quelli precedenti, sulla strada percorsa da chi ci ha preceduto».