Il primario Cembrani presenta le dimissioni
Scontro fra medici. Il primario di medicina legale aveva sostenuto la necessità «di garantire a tutti le terapie intensive», senza distinzioni Il presidente del Comitato etico, Edoardo Geat, gli ha risposto che «in emergenza bisogna scegliere chi curare». Ed è partita la lettera
Trento. Quando il medico dovrà fare una scelta, quando dovrà decidere a chi dare il posto in terapia intensiva, nell’ipotesi (che speriamo mai si realizzi) che vi sia un solo respiratore disponibile per due o più pazienti, cosa lo dirigerà nella scelta? Sulla questione, come il lettore sa, si sta dibattendo animatamente da alcuni giorni a Trento. Anche perché si tratta di una questione su cui ci si giocano i valori fondanti della nostra dignità di vita e i valori della Costituzione. Il direttore medico dell’unità operativa di medicina legale del S. Chiara, Fabio Cembrani, era andato all’attacco dopo che della questione era stato investito il Comitato etico dell’Azienda sanitaria (Ceas). Perché riteneva che le decisioni del Comitato, specie se ispirate dal documento della Siarti (la Società italiana Anestesisti e Rianimatori), rischiavano di mettere i medici nelle condizioni di affidarsi a criteri che potrebbero fare distinzioni fra pazienti che non siano quelle strettamente cliniche. Il pericolo cioè che non siano garantite a tutti le terapie intensive, ma che vi sia qualche barriera d’accesso, magari in base all’età. E alle sue rimostranze pubbliche ha replicato il presidente del Comitato etico, ossia Edoardo Geat, ex primario di rianimazione del S. Chiara, che ha sostenuto che la situazione, rispetto a quella descritta da Cembrani è diversa, perché ora siamo in emergenza e quindi “bisogna scegliere chi curare prima”.
L’intervento di Geat ha provocato una reazione immediata del dottor Cembrani che già ieri ha inviato una lettera di dimissioni al direttore dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon. Cembrani, a quanto si capisce, ritiene che se verranno raccolte le linee predisposte dal Comitato etico si rischierà di arrivare alla rottura del rapporto fiduciario fra medico e paziente, che è fondato sull’universalismo, ossia sulla certezza per il paziente che nei suoi confronti si farà sempre il possibile per curarlo e per salvarlo. E la rottura di questo rapporto per un’emergenza non si sa dove possa portare, faceva intuire la posizione di Cembrani; mentre la decisione in momenti difficili come questo dovrebbe essere guidata dalla verifica clinica caso per caso da parte del medico di fronte al letto del paziente. Caso per caso, non in base a un criterio cinico che esclude qualcuno in partenza. Certo, siamo in emergenza, ma non è il caso che in Azienda sanitaria si arrivi a spaccature: proprio perché è un’emergenza.