Il Natale di speranza delle profughe di Lavarone
Dopo un mese dall’arrivo ecco come vivono (e studiano) le ragazze nigeriane
LAVARONE. Il cielo promette neve a Lavarone e per le 24 ragazze nigeriane ospitate nell’ex Casa di soggiorno delle suore Elisabettine sarebbe un evento: non l’hanno mai vista. Loro, all’interno, sembrano non curarsene, impegnate come sono nei corsi di italiano che frequentano ogni pomeriggio. Par di tornare alle elementari, con i disegni ritagliati, i nomi dei colori sulla lavagna e i modi di dire appesi al muro.
È passato un mese da quando le profughe - tutte tra i 20 e i 25 anni - arrivarono quassù in pullman, accolte dai flash dei fotografi e da una pioggia torrenziale. Il portone d’entrata era appena stato incendiato da una mano (tutt’ora ignota) come gesto intimidatorio e non c’era molta voglia di far festa. Oggi, invece, il clima che ti accoglie è diverso. La tensione si è sciolta, i sorrisi sono riapparsi sulle labbra degli operatori e le ragazze ti salutano con un «buongiorno» che profuma di casa.
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Qui le regole sono semplici e le illustra Debora Merighi, coordinatrice della struttura e dipendente della Cooperativa “Punto d’approdo”: «Si cucina e si pulisce in gruppi, i corsi di italiano nel pomeriggio sono obbligatori e tutte le ragazze sono libere di muoversi, basta che ci dicano dove vanno e quando tornano». Sembra facile, ma in realtà mandare avanti una struttura così è tutt’altro che una passeggiata. Elisa, Eleonora, Anna, Gabriela e Daniela - le operatrici - sanno che l’equilibrio è precario. Le ragazze cominciano ad ambientarsi solo adesso, ma i demoni che si portano dentro ogni tanto ricompaiono. «Alcune - spiega Debora - sono state perseguitate per ragioni religiose, altre sono vittime di bande rivali, altre ancora dichiarano di essere state rapite. Sono state maltrattate, violentate o ridotte in schiavitù, soprattutto all’arrivo in Libia. Sì, la Libia: tutte la descrivono come un inferno».
Ora l’Africa è un ricordo che si allontana sempre di più mentre le ragazze si radunano in cucina per il pranzo. Il vociare trasmette calore e gli addobbi natalizi rallegrano una stanza altrimenti essenziale. Qui tutte sanno cosa fare. Tra le 8.30 e le 10 si prepara la colazione, poi si sparecchia e tocca alle mille pratiche burocratiche da sbrigare. Dopo il pranzo è l’ora delle lezioni di italiano che si svolgono al piano di sotto, dentro una stanza con le finestre grandi che affacciano sul giardino. Questo luogo è forse il cuore di tutta la casa. Una classe dove le ragazze non imparano solo l’italiano, ma apprendono la nostra cultura, i modi di dire, i cibi e le tradizioni. Perché - giurano le operatrici - quasi tutte vorrebbero fermarsi qui a vivere. All’inizio le ragazze erano spaesate ma ora il progetto di una vita in Italia, magari di un lavoro e chissà, persino di una famiglia, non è più un sogno. Qualcuna - confidano - sta perfino cambiando abitudini alimentari: «Loro mangiano cibi molto piccanti e speziati, non amano la nostra cucina» - sorride Debora. «Solo che poi alcune ragazze sono finite dal medico col mal di pancia e allora hanno iniziato a chiederci la verdura, la pasta e ora perfino la pizza».
Il resto della giornata trascorre lento, tra passeggiate in paese, tanta televisione e telefonate a famigliari e amici (rigorosamente con i soldi del money pocket, 2,5 euro al giorno). Tra i paesani - conferma la vice sindaco Adriana Fellin, in visita alla struttura - si sono pure diffuse leggende, «chissà cosa fanno lì dentro», ma alla fine la gente si è aperta al nuovo. «Riceviamo sempre più spesso visite di persone o associazioni locali che offrono aiuto, cibo, vestiti usati» - conferma Debora. Ora sono state persino invitate al saggio della scuola e ad una cena natalizia. Insomma, le misteriose profughe sono diventate popolari a Lavarone.
C’è ancora tanto da lavorare, perché l’equilibrio psicologico è precario, ma il clima di allegria e fiducia si fa largo a Casa San Giuseppe (così si chiama adesso la struttura) tanto che il Natale alle porte rende l’atmosfera stranamente frizzante. Le ragazze, cristiane evangeliche, sentono la festa come noi. Qualcuna trascorrerà il Natale in visita ad amici in altre zone d’Italia, per le altre i programmi alternativi non mancheranno qui a Lavarone. E per il Capodanno si sta già pensando ad una trasferta di gruppo a Trento, a brindare al nuovo anno in piazza Duomo. Perché il 2017 restituisca a queste 24 ragazze almeno un briciolo di ciò che la vita ha rubato loro finora.