SOLIDARIETA'

I bambini di Haiti in Trentino: "Abbiamo paura che sia un sogno"

Vengono dall'inferno di Port Au Prince, per un mese saranno ospiti con le loro mamme a Villa Sant'Ignazio



TRENTO. Il primo impatto con il Trentino? Il freddo. Un freddo pungente, che non conoscono. Ad Haiti erano 30 gradi e splendeva il sole nonostante l’inferno del terremoto. Aurelienne, 11 anni, imbacuccata nel suo nuovo piumino azzurro, si guarda le scarpe: le cose che l’hanno colpita di più, al suo arrivo in Italia, sono le belle scarpe, che nella sua isola non esistono, poi i cappotti e tutte queste persone con la pelle bianca che le girano attorno. Le mamme haitiane hanno ancora il terrore negli occhi, mentre nella sala della Provincia vengono presentate alla stampa. Ringraziano tutti.
 Marie Marthe ha lo sguardo basso e tiene in testa il berretto blu con il pon pon. Ancora non ce la fanno a raccontare l’inferno che hanno vissuto nella loro città, Port au Prince. «La terra ha cominciato a muoversi e poi in un minuto abbiamo perso tutto, tutto», dice in francese, con un filo di voce, Marcelline. Poi le lacrime hanno il sopravvento. «Abbiamo paura di risvegliarci e scoprire che non siamo qui, vivi, al sicuro, che questo era solo un sogno». A portare la sua testimonianza c’è anche il campione di ciclismo Maurizio Fondriest: lui è andato nel 2008, ad Haiti, e con la sua fondazione sostiene progetti di sostegno: «La situazione era già drammatica prima del terremoto, immaginatevi adesso».
 Domani le mamme haitiane e i loro figli, dodici in tutto, lasceranno l’Hotel America e saranno accolti a Villa Sant’Ignazio, dove resteranno per circa un mese. «Tutti insieme», sottolinea Lia Beltrami, assessore provinciale alla solidarietà internazionale, seduta accanto al presidente della Croce Rossa trentina Alessandro Brugnaldi, «era il nostro sogno». «La richiesta all’inizio è stata spiazzante - confessa la presidente della cooperativa Donata Borgonovo Re - ma ci stringiamo e ci stiamo, sperando di far sentire queste persone il più possibile a casa. Siamo noi che li ringraziamo perché ci insegnano ad accogliere meglio anche le nostre nuove povertà».
 Dopo un primo periodo a Villa Sant’Ignazio partirà per gli ospiti haitiani la procedura per i richiedenti asilo politico e la Provincia conta di mettere loro a disposizione un alloggio. L’Azienda sanitaria - assicura il direttore Franco De Biasi - ha già programmato visite approfondite per i prossimi giorni.
 Restare insieme per le mamme e i bambini di Haiti, in tutto tre famiglie, è la cosa più importante. «Quando siamo arrivati a Roma eravamo 115 - racconta Gracilia - pensavamo di restare tutti uniti e invece ci hanno divisi, è stata dura».
 Sono ancora incredule, queste donne. Di aver visto la morte in faccia e di essere vive. Hanno perso fratelli e sorelle, una di loro anche il marito. Hanno perso le case, cadute giù come birilli. I racconti faticano a emergere, ma con Josiane e Josephine, le due mediatrici culturali della Martinica e del Congo che a Trento sono la loro voce, hanno cominciato ad aprirsi: «Gli uomini hanno fatto arrabbiare Dio», hanno detto del terremoto. Poi il pianto, liberatorio. «Parleranno quando se la sentiranno», ripete Josephine Tomasi, «i bambini sorridono, è vero, ma stanno male. Hanno subito così tante sofferenze che si sono costruiti una corazza, per sopravvivere». E per sopravvivere, ai ricordi e ai pensieri, mamma Marcelline vorrebbe lavorare. Lo chiede all’assessore Lia Beltrami, che la rassicura: «Finiamo le pratiche sanitarie, poi potrà farlo. Intanto si riposi».













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