Fitosanitari, Malosco vince al Tar
Respinto il ricorso degli agricoltori sulle nuove regole per le "coltivazioni pulite"
MALOSCO. Ricorso accolto per quanto riguarda la palificazione per le reti antigrandine, ma respinto per tutto il resto. Così ha deciso il Tar sul ricorso degli agricoltori Gabriele Calliari e Franco Marini contro il regolamento comunale sulla disciplina delle coltivazioni agricole e fitosanitari.
Tre gli articoli del regolamento impugnati: l'articolo 5 che prevede per i trattamenti fitosanitari il rispetto obbligatorio di una fascia di 50 metri da ogni terreno o edificio confinante, e gli articoli 9 e 11 che inibiscono l'utilizzo di pali in cemento o in metallo e di reti antigrandine. Per quanto riguarda l'articolo 5 il Tar non solo ha confermato che il Comune (a differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti) è pienamente titolare di funzioni proprie in tutte le questioni che riguardano il benessere della popolazione ed il territorio, ma che ha anche un ampio potere regolamentare sia "nell'ambito della salvaguardia dell'ambiente" sia verso "la tutela della salute dei cittadini".
Da qui la conferma, da parte del giudice amministrativo, del regolamento comunale che "fa obbligo a chiunque usi atomizzatori, di evitare che le miscele (il cosiddetto effetto deriva) raggiungano edifici pubblici e privati, strade, orti, giardini, etc...". Troppi 50 metri secondo i due ricorrenti che avevano controdedotto citando normative provinciali in materia di deriva che indicano come sufficienti fasce di rispetto da 15 a 30 metri (poi ulteriormente ridotti a 10 metri dal regolamento tipo della Comunità della valle di Non, e fatto proprio dai comuni nonesi, salvo poche eccezioni, appunto Malosco) accusando implicitamente il comune di eccesso di cautela.
Ma non solo. Infatti il regolamento comunale, nell'articolo impugnato, si spinge oltre vietando l'impiego di prodotti fitosanitari classificati molto tossici (T+) o tossici (T), e anche su questo il Tar da ragione al Comune riconoscendo all'ente locale il cosiddetto "principio di precauzione" finalizzato ad "anticipare" la tutela della salute e dell'ambiente anche in modo discrezionale come appunto ha fatto Malosco introducendo, unico in Trentino, la fascia obbligatoria dei 50 metri antideriva.
«Scelta tutt'altro che irragionevole» scrive il Tar citando la direttiva europea 128/09 che consente il divieto o la limitazione di pesticidi in aree delimitate e comunque l'uso di prodotti fitosanitario basso rischio.
Per quanto riguarda gli articoli 9 e 11 il Tar parla di "vulnus" ambientale l'inserimento nei rinnovi colturali di pali di cemento o di metallo "in quanto non consoni alla tradizione trentina" e quindi rimangono vietati. Eccezione solo per le protezioni antigrandine perché "il regolamento comunale (art 11) non può spingersi fino all'intangibilità del bene e dei frutti ricavabili dal fondo, che quindi è legittimo proteggerli". Su questo punto è stato accolto il ricorso di Gabriele Calliari e Franco Marini - entrambi di Malosco - e per questo il Tar ha compensato le spese legali tra ricorrenti e Comune.