Esagera con lo shopping online  coi soldi di mamma: condannata 

Il caso di tribunale. La donna ha scoperto l’ammanco controllando l’estratto conto e pensava che la carta fosse stata clonata. Invece i 2.500 euro erano stati usati dalla figlia 



Trento. Il saldo del conto corrente non era quello che si aspettava. E in peggio. Facendo un rapido conto delle spese fatte mancavano all’appello qualcosa come 2 mila 500 euro. E ha in fretta scoperto cosa era successo: un controllo sull’estratto conto della carta di credito e ha scoperto che era stata utilizzata da altri, utilizzata per fare shopping online. E ha pensato ad una sola cosa: quella carta le era stata clonata. Solo dopo la denuncia presentata e i controlli fatti ha scoperto che nessuno le aveva clonato la carta ma la stessa era stata utilizzata da sua figlia per dedicarsi all’acquisto di vari capi d’abbigliamento. Ad insaputa della madre. E così la giovane è finita a processo. La mamma ha cercato di rimettere la querela, ma trattandosi di reato aggravato la procedibilità è d’ufficio e così ieri si è tenuta l’udienza davanti al giudice Tamburino. Che si è conclusa con la condanna della figlia a 8 mesi di reclusione (pena sospesa) e a 300 euro di multa.

Lo shopping

Madre contro figlia in tribunale, dunque, ma ad insaputa della prima. E con la seconda (difesa d’ufficio dall’avvocato Michele Busetti) che si è impegnata a restituire quanto preso per fare i suoi acquisti online. Acquisti che, come è stato accertato nel corso del procedimento, non erano stati in alcun modo concordati fra le due. La figlia, una trentenne, avrebbe quindi agito senza che la madre sapesse nulla, utilizzando i codici della carta che erano in suo possesso per dedicarsi a circa cinque mesi di shopping fra i vari siti.

La scoperta

I nodi sono venuti al pettine dopo circa cinque mesi, semplicemente controllando le uscite e non trovando corrispondenza fra le spese fatte e il saldo finale del conto corrente. Il passo successivo è stato fatto con il controllo dell’estratto conto della carta di credito che riportava diversi pagamenti riferibili ad acquisti fatti online. Ma non da lei, dalla madre. E per scoprire cosa fosse successo, come è giusto fare, ha presentato una denuncia. Ma l’esito dei controlli era assolutamente inaspettato. A sfruttare un accesso alla carta non erano sconosciuti clonatori dall’altra parte del mondo. Ma la figlia che ora è pentita. Ma è finita a processo.

La condanna

Il difensore aveva chiesto l’assoluzione puntando anche sul fatto che il codice della carta di credito non lo aveva rubato ma poteva avere la certezza di poterla usare. Così non l’ha pensata il giudice che ha deciso per una condanna a 8 mesi.













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