Errek vince la «guerra delle banane»
L'azienda trentina ottiene la sospensione della multa di 1 milione di euro. Dopo anni di battaglie in tribunale, il patron Carlo Curzel tira un sospiro di sollievo: «Finalmente»
TRENTO. La «partita a scacchi» con la giustizia era delicatissima: una mossa sbagliata e lo scacco matto sarebbe stato inevitabile. In gioco c'era la vita della sua stessa azienda ma questa volta - dopo tante delusioni - il «re» degli spedizionieri Carlo Curzel ha vinto la partita decisiva: la commissione tributaria ha sospeso la maxi sanzione di 1 milione di euro.
La decisione dei giudici tributari risale alla scorsa settimana ed è - per la «Errek» - di importanza vitale in quanto la sospensione concessa rinvia alla definizione della controversia giudiziaria che contrappone lo Stato al colosso delle banane Chiquita. Qualsiasi sarà l'esito del processo in corso Errek sarà (meglio dire "dovrebbe essere" visti i poco rassicuranti precedenti) al sicuro. Infatti, qualora i certificati di importazione contestati a Chiquita per l'importazione in Europa di banane (e che hanno messo nei guai anche Errek) venissero considerati validi, anche la società di Curzel, così come la Chiquita, vedrà «magicamente» chiudersi le proprie pendenze con lo Stato. In caso contrario - qualora cioè venisse confermato che i certificati sono falsi - chiamata a risarcire l'erario dovrebbe essere la sola Chiquita, con esclusione della Errek che, per altro, ha sempre gridato ai quattro venti la propria buona fede.
Ma per capire bene questa complicata vicenda giudiziaria vale forse la pena ripercorrerla brevemente dall'inizio.
E' una battaglia che dura da quasi 15 anni quella condotta da Carlo Curzel - titolare della ditta di spedizioni «Errek» - contro il colosso delle banane, la Chiquita. Tutta colpa di una maxi frode doganale nella quale è rimasta invischiata anche l'azienda trentina che chiamata dallo Stato a pagare una sanzione di 1 milione di euro. Alla fine dell'anno scorso Curzel aveva depositato in procura un atto di citazione nei confronti di Chiquita spiegando di essere stato vittima lui stesso di un colossale raggiro da parte della multinazionale del «bollino blu». La vicenda può essere riassunta così. Tra il 1998 e il 2000 in Italia sono entrate illegalmente migliaia di tonnellate di banane. Diciamo illegalmente perché il prodotto sarebbe stato spacciato come proveniente da paesi con dazi doganali privilegiati quando invece non lo era. La differenza non è da poco, visto che il dazio privilegiato ammonta a circa 75 euro a tonnellata, mentre quello non privilegiato può arrivare anche a 765. Il raggiro doganale (almeno una gran parte di esso) sarebbe avvenuto tramite certificati di importazione falsi, realizzati (è l'accusa) da Chiquita per aggirare i limiti imposti sui dazi privilegiati. Non solo. La multinazionale avrebbe preteso anche di importare dai paesi non privilegiati più merce rispetto ai contingenti assegnati, acquistando i relativi certificati da altri importatori. Il risultato di tutto questo vorticoso giro di documentazione doganale è una maxi evasione dei dazi che ammonterebbe nel totale a circa 20 milioni di euro. L'agenzia delle dogane, però, chiama in causa anche la «Errek» di Carlo Curzel sulla base della teoria che lo spedizioniere «non poteva non sapere» che i certificati doganali erano stati falsificati.