«Correre mi ha salvato chi spaccia rovina tutti»
Ousman Jaiteh, 28 anni, arrivato dal Gambia attraverso la Libia con i barconi Ora vive a Borgo e colleziona vittorie: «La cosa peggiore è stare senza far nulla»
TRENTO. È sbarcato in un freddo giorno di fine dicembre di tre anni fa a Lampedusa, arrivato in Italia dalla Libia con un gommone dopo un viaggio di oltre due anni. Ousman Jaiteh, nato nel Gambia, ora ha 28 anni, vive a Borgo Valsugana, ha un lavoro che l’ha reso autonomo ed ha soprattutto la soddisfazione di essere diventato un runner che colleziona medaglie con la corsa. Ma il percorso che l’ha portato all’integrazione in un Paese straniero ed a sentirsi parte di una comunità come quella della Bassa Valsugana, non è stato semplice.
Anche lui avrebbe potuto perdersi e finire in brutti giri, ma l’ha aiutato una grande forza di volontà e molti trentini che gli hanno dato fiducia. La storia di Ousman è di quelle a lieto fine, che val la pena raccontare, perché non si spari a zero su tutti i richiedenti asilo, ritenendoli tutti potenziali delinquenti.
Ousman, puoi raccontare come sei arrivato in Italia e perché sei scappato dal Gambia, il tuo Paese?
Sono sbarcato a Lampedusa il 28 dicembre del 2015, dopo un viaggio di più di due anni, passando per il Senegal e la Libia. Sono scappato dal Gambia perché mio padre, che rivestiva un incarico politico, è stato arrestato nell’ottobre del 2013. La nostra casa è stata bruciata e rischiavo anch’io di essere perseguitato. È stato un viaggio durissimo e poi, arrivato in Libia, le cose non sono andate meglio.
In che condizioni hai vissuto in Libia?
Mi sono fermato più di un anno e sono stato costretto a lavorare come muratore. Io in Gambia studiavo, ero iscritto alla facoltà di Scienze politiche, ma per via dell’instabilità politica la mia vita è cambiata per sempre.
Ed il tuo arrivo a Trento come l’hai vissuto?
Sono stato alla Residenza Fersina e l’impatto è stato duro. La cosa peggiore per me era non avere niente da fare, seguivo il corso di italiano, ma erano solo due ore al giorno e poi non facevo niente, dormivo e avrei rischiato anch’io di girare in città, con brutte compagnie. Per questo ho iniziato ad organizzare tornei di calcio. L’importante era occupare il tempo, ma anche nelle partite c’era qualcuno che cercava la rissa. La mia fortuna è stata arrivare a Borgo Valsugana, dividendo un appartamento con altri due richiedenti, uno nigeriano e l’altro del Burkina Faso.
È stato a Borgo che hai iniziato a correre?
Sì, ho conosciuto sulla pista ciclabile quello che è diventato il presidente della società di cui ho fatto parte, Luca Sandri dell’Us Villagnedo. Grazie a Graziano Tomaselli ho iniziato ad allenarmi tutti i giorni ed ad avere le prime soddisfazioni. Alla fine del 2017 ho vinto la medaglia d’oro ai campionati italiani di corsa su strada ad Arezzo. Ora faccio parte della Trentino Running Team e corro alle mezze maratone, ultimamente ho partecipato a quella di Strà ed a quella di Bibione.
Nel frattempo hai trovato anche lavoro?
Sì, mi hanno assunto alla Biatel di Scurelle. È una fabbrica dove si lavora il ferro, faccio il carpentiere. Il mio obiettivo è ricominciare a studiare, ma per il momento sono soddisfatto, anche perché dall’inizio dell’anno ho ottenuto la protezione internazionale.
Cosa pensi dei tuoi compagni che si dedicano a traffici illegali?
È una cosa che non va bene, io non ho mai voluto immischiarmi in chi passava il tempo in città, a non fare niente. Noi siamo ospitati in un Paese straniero e dobbiamo comportarci bene, perché anche noi facciamo parte del futuro dell’Italia. Chi compie queste azioni, rovina l’immagine di tutti i richiedenti asilo.