Cheyenne, la pastora che difende i prati
A Montagne il problema era l’avanzare costante del bosco: dal 2011 porta i greggi al pascolo limitando l’imboschimento
MONTAGNE. Il fenomeno dell’imboschimento non è nuovo. Da decenni ormai, le aree montane ma anche vallive, che confinano con il bosco, sono facile preda di arbusti vegetali, di rovi o erbe infestanti. E’ così che la superficie dei prati va diminuendo a favore di quella del bosco. Progressivamente viene a sparire il verde caratteristico del prato, e viene meno la caratteristica antropica del paesaggio. Questo succede perché sempre meno si falciano aree scomode, perché sempre meno sono i contadini, e in alcuni casi perché dei contadini proprio non si vede l’ombra.
Questo è il caso di Montagne (ma non solo), costituito dalle frazioni di Cort, Larzana e Binio, 1.000 metri di altitudine media, 246 abitanti (733 nel 1921), 122 famiglie e da decenni nessuna agricoltore, nessuna stalla di allevamento bovino. Le tre frazioni sono poste ad altitudine diverse e sono circondate da prati a volte scoscesi, a volte difficilmente praticabili. Il territorio di Montane si estende poi sui prati e sui boschi della val di Daone, e della valle di Manez. Qui (in particolare nei pressi delle frazioni) il problema dell’imboschimento era evidente, si toccava con mano. Ed allora, per anni, le amministrazioni delle passate legislature si sono date da fare con il faticoso taglio meccanico dell’erba. Poi, nel 2011, la soluzione: perché, invece di fare tagliare i prati con mezzi meccanici - si è chiesta l’amministrazione guidata da Michela Simoni - non portiamo qui un gregge a pascolare? Detto, fatto.
In quei giorni, su indicazione dell’allora direttore del Parco Adamello Brenta, Claudio Ferrari, a Montagne si presentò una giovane pastora proveniente dalla valle di Rabbi, che felicemente accettò di transumare il suo gregge.
Dal 2011, la pastora Cheyenne Daprà (si badi bene, Cheyenne non è un appellativo, ma il suo vero nome; glielo mise la mamma infatuata della cultura e della storia del popolo indiano del Nord d’America), per circa 4 mesi porta al pascolo i suoi animali.
Curiosa e interessante è la sua storia. Nata in Germania (Baviera) dove già soggiornavano i suoi familiari, a 8 anni è rimpatriata in val di Rabbi, con precisione a Ceresé di S. Bernardo. Poi sempre con la sua famiglia ha fatto ritorno in Germania dove a 17 anni ha frequentato uno specifico corso di 2 anni per divenire pastora. Tornata in Italia a 25, ha iniziato ad esercitare la professione, prima sui prati della val di Rabbi e poi, come abbiamo detto su quelli dei dintorni di Montagne.
«Ho un gregge di 200 capi - racconta - molti di più ne ha il mio compagno che si trova in malga in val di Breguzzo, soprattutto pecore ma anche capre, asini e vacche da latte. Vivo qui a Montagne con il mio figlioletto Emil e mia madre, in un appartamento messomi a disposizione dal Comune. Esco tre volte al giorno per indirizzare il gregge al pascolo, per controllare che non rechi danni e seguire da vicino le vacche e i vitelli. Posiziono le reti di recinzione e ogni due o tre giorni mi sposto in un nuovo appezzamento. In questo modo riesco a coprire una superficie a prato di circa 15 ettari, tornando sul fondo due volte all’anno e pascolando tutti i terreni, privati e pubblici».