Castagne versione mignon  vittime di un clima pazzo 

Centa S. Nicolò. Il presidente dell’associazione che tutela i prodotti della zona: «La quantità è stata buona, ma prima la siccità e poi il freddo hanno impedito la crescita ottimale del frutto»


Carlo Bridi


Centa san nicolò. L’ex comune di Centa S. Nicolò ora conglobato nel comune dell’Altipiano della Vigolana, è un paese dove l’agricoltura è molto povera, ha nella castagna la sua coltura di riferimento. Questo, perché il terreno è particolarmente vocato a questa coltura dai 600 metri agli 850.

Nei decenni degli anni 60-70 del secolo scorso molti castagneti erano stati abbandonati. Per questo ancora negli anni Ottanta era stata costituita l’associazione tutela del castagno della Valle del Centa. Un’associazione senza fini di lucro il cui presidente Enrico Ognibeni, è fortemente impegnato nel rilancio di questa coltura che per Centa rappresenta la tradizione ed in passato è stata l’ancora di salvataggio nei momenti di grande fame. Si, narra, afferma Ognibene, che la coltura è stata introdotta da Maria Teresa con l’obiettivo di assicurare alle popolazioni locali una fonte di sostentamento nei lunghi inverni di una volta. Fino a pochi decenni fa la castagna era usata come merce di scambio, o di baratto con i contadini della Val d’Adige: un kg di castagne per un kg di farina. Ora le cose sono molto cambiate per comperare un kg di castagne ci vogliono 6-7 kg di farina.

«La nostra associazione conta 35 soci e il nostro obiettivo principale - afferma il presidente -, è duplice da una parte quello di rilanciare questa coltura e dall’altra quello di valorizzarne il frutto. Per il primo grazie alla collaborazione con la cooperativa castanicoltori abbiamo provveduto al recupero di alcune centinaia di castagni antichi, ma ne abbiamo piantati anche di nuovi e sulle piante giovani abbiamo praticato l’innesto con delle varietà di pezzatura migliore, i marroni. Ora abbiamo 400 piante in piena produzione e superato il problema della vespa cinese grazie all’antagonista introdotto negli impianti da parte dei tecnici della Fondazione Mach, siamo in grado in annate normali di fare una buona produzione. Anche quest’anno la quantità non manca - prosegue Ognibeni - purtroppo i frutti sono rimasti di dimensioni modeste a causa delle condizioni meteo non ottimali: prima la siccità estiva e poi i primi di ottobre la nevicata ed il freddo che ne hanno impedito la crescita dei frutti. Purtroppo anche la tempesta Vaia ha divelto molte piante ed ora quella produzione manca».

«Come associazione – prosegue il presidente Ognibeni - , avevamo ideato anche la festa della castagna con l’obiettivo di vendere in quell’occasione buona parte della produzione, purtroppo quest’anno causa coronavirus non è stato possibile organizzarla limitandoci al punto vendita. Alla festa avevamo abbinato anche le passeggiate fra i castagneti anche queste annullate, ma anche i menù a base di castagne nei ristoranti della zona nei mesi di ottobre e novembre. Come associazione ci siamo dotati dell’attrezzatura per la lavorazione del prodotto dei soci - conclude il presidente - assicurando ai soci un importante servizio, quello della cernita e classificazione del prodotto al fine di poter procedere alla vendita di un prodotto omogeneo, e vendiamo anche quella parte di prodotto che non riescono a vendere i produttori».













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