Caso luminarie a Pinzolo gli indagati salgono a sette 

L’inchiesta. Chiuse le indagini per il bando che tocca il sindaco Cereghini, un assessore e parte dell’Apt, accusati di turbativa d’asta, C’è anche la commerciante che vinse la gara



Trento. Sono diventati sette gli indagati nell’ambito dell’inchiesta della Finanza e della procura che ha portato lo sconquasso a Pinzolo. Sì perché l’indagato “eccellente” è il sindaco in carica Michele Cereghini, accusato di peculato (un solo episodio contestato) e di turbativa d’asta. Un’inchiesta che è giunta alla fine con l’avviso di conclusione delle indagini che è stato notificato a tutte le persone coinvolte. La “novità” è il nome di Roberta Cherubini (Antolini come avvocato d’ufficio), la commerciante bresciana che si era aggiudicata il bando per le luminarie natalizie di Pinzolo per l’anno 2018-2019. Bando che è al centro dell’attività di verifica. Lei è chiamata a rispondere dell’accusa di turbata libertà degli incanti assieme a Cereghini (difeso da Bertuol), e a Adriano Alimonta (ora ex presidente dell’Apt Pinzolo Campiglio Rendena, avvocato Stolfi), al direttore amministrativo (si è dimesso) Massimo Collini (avvocato Bondi), all’assessore ai grandi eventi Giuseppe Corradini (difeso da Bertuol) e al presidente del collegio sindacale dell’Apt Giorgio Ferrari (Ravelli e Viola). Tutti uniti dalla contestazione che viene mossa sul “caso luminarie”. In che cosa consta l’accusa? Secondo la procura, in base agli accertamenti della Finanza, il bando dal valore di 100 mila euro non sarebbe stato fatto a regola d’arte. Nel senso che - questa è la tesi dell’accusa che viene decisamente respinta dagli indagati - assessore e sindaco si sarebbero mossi verso l’Apt affinché il bando fosse fatto con modalità privatistiche. Bando del quale sarebbe stata informata la stessa Cherubini (che si era aggiudicata la fornitura delle luminarie nei due anni precedenti) perché potesse predisporre la sua offerta con anticipo rispetto al concorrenti. Sarebbero anche emerse delle indicazione che portano la procura a sostenere che le modalità di allestimento delle luminarie per Pinzolo, Campiglio, Sant’Antonio di Mavignola, fossero il qualche modo concordate con la commerciante.

C’è poi la seconda accusa che viene diretta solo al sindaco e a Chiara Grassi ed è sempre per turbata libertà degli incanti. E riguarda la procedura per l’assunzione di un addetto stampa per il comune di Pinzolo. Per la procura, per garantire la partecipazione alla gara di Grassi, Cereghini avrebbe limitato a due anni di iscrizione all’albo dei giornalisti(e non a tre) il requisito minimo per presentare la domanda. E avrebbe anche “sponsorizzato” questa candidatura con gli altri colleghi di giunta. Si arriva quindi all’ultimo capitolo, che è quello legato al peculato di cui viene chiamato a rispondere il solo Cereghini. Che averebbe utilizzato la macchina dell’Apt, un’Audi, per partecipare ad un evento al Sestriere. Dove era invitato in qualità di sindaco di Pinzolo e non come membro, quale è, dell’azienda di promozione turistica. La procura aveva chieste e ottenuto un provvedimento molto pesante per il primo cittadino, ossia quello del divieto di dimora a Pinzolo per un possibile inquinamento delle prove. Misura che era stata poi revocata dal Riesame dopo una ventina di giorni. «L’esilio è finito» così aveva commentato lo stesso Cereghini. Aggiungendo che sia lui che gli altri coinvolti nell’inchiesta avevano sempre lavorato in buona fede. Concetto che era stato ripetuto anche dagli altri in sede di interrogatorio. Durante il quale non avevano parlato ma i loro legali avevano depositato diversi documenti.













Scuola & Ricerca

In primo piano