«Cari impiantisti, certi limiti fanno bene al turismo»
Il dibattito sulle aree sciabili. La docente universitaria: «Sempre più turisti cercano la qualità ambientale, è un’opportunità da cogliere. E il territorio deve essere preservato per le nuove generazioni»
TRENTO. «Il turismo ha bisogno (anche) di limiti». Ne è convinta la professoressa Mariangela Franch, responsabile del corso di laurea magistrale “Mast”, management della sostenibilità e turismo, che è intervenuta nel dibattito sull’ampliamento delle aree sciabili, contestato dagli ambientalisti di cui il Trentino si è occupato nei giorni scorsi.
Professoressa Franch, i limiti invocati dagli ambientalisti fanno paura a chi vive di turismo. Che ne pensa?
Sono vent’anni che con il gruppo di ricerca Emasus, che coordino, ci occupiamo di questi temi e fin da subito abbiamo inserito nei nostri modelli il concetto di limite.
Un limite al “business”?
No, un limite allo sfruttamento delle risorse naturali sulle quali si fonda il turismo, soprattutto in un territorio fragile. Se la natura (ma anche la cultura e le tradizioni) vengono “distrutte” nel lungo periodo si arriva alla distruzione economica di un territorio. Ma attenzione: nella ricerca di un limite bisogna anche garantire la sostenibilità economica delle imprese del settore.
Mica facile.
Questo è il compito della politica e degli operatori. Si tratta di fare delle scelte.
Meglio tanti turisti senza limiti o pochi turisti con limiti allo sfruttamento del territorio?
Pochi non direi, sono in aumento (le nostre ricerche lo evidenziano) i turisti disponibili a pagare di più per avere un’esperienza di vacanza di maggiore qualità, anche dal punto di vista ambientale. Una ricerca che abbiamo condotto in valle di Fiemme li quantifica nel 38-40 per cento. I turisti non apprezzano di trovare in una località la cattiva qualità ambientale che hanno lasciato in città. E sono ampiamente disponibili a fare la loro parte sul fronte della sostenibilità, a partire dalla mobilità. Certo il turismo di massa resta la maggioranza, ma pone anche altri problemi.
Ad esempio?
La difficoltà di consegnare le risorse ambientali alle prossime generazioni. Sul fronte delle risorse naturali siamo come un’azienda che fa sempre più debiti, sapendo che non potrà pagare. C’è un patto inter-generazionale da rispettare. E il Trentino non è un territorio come la Riviera Adriatica che può sopportare enormi quantità di persone.
Parliamo di sci.
Un prodotto turistico che - usando i termini del marketing - definirei maturo. Su questo sono d’accordo tutti.
Che significa?
Che i ricavi non possono crescere ulteriormente. Se l’industria dello sci riesce a mantenersi da anni allo stesso livello è perché c’è stata una parziale sostituzione degli sciatori italiani, con i nuovi sciatori che arrivano per lo più dall’est europeo. Ma non possiamo illudersi che continui così, magari con l’arrivo di sciatori dall’Oriente, perché gli investimenti per la promozione probabilmente travalicherebbero le risorse dedicate. Se la competizione diventa mondiale, tutto diventa più complicato e costoso.
In questo senso i limiti (e i divieti) non diventano un ostacolo?
Al contrario. Possono fare bene al turismo. L’importante è scegliere chi sono i turisti di riferimento. Ma se non diamo risposte ai turisti che chiedono qualità ambientale, questi si rivolgeranno altrove.
Parla da professoressa o da persona che - come dimostra la sua storia - ha una sensibilità ambientale?
Dopo vent’anni di ricerche in questo settore ho evidenze che la sostenibilità è la strada da seguire e che questa scelta non va contro i (legittimi) obiettivi di business. E questo non c’entra col fatto - ad esempio - che io abbia fatto parte della commissione cultura della Sat.
Lo sci - invocano gli operatori funiviari - resta irrinunciabile.
È molto importante, bisogna scegliere la via della qualità del turismo in un territorio come il nostro che - ripeto- è piccolo e fragile, con grossi problemi di mobilità. I turisti non hanno problemi a prendere l’aereo per raggiungere quello che cercano. E la ricerca di qualità ambientale è in aumento: spetta a politica, operatori e territori cogliere questa opportunità.