Addio a Carlo Devigili lo sguardo critico su Lavis
Artigiano e artista, aveva mappato attraverso Google e Facebook gli alberi del paese e lanciato la “Piccola biblioteca libera”. Domani la cerimonia laica
LAVIS. Salendo su per il Pristol, poteva capitare di vedere sul muro di una casa un rubinetto spuntare dal cartongesso o un piccolo aereo che sembrava schiantarsi sulla parete. Lì viveva Carlo Devigili, artista di Lavis, scomparso ieri all’età di 68 anni. L’ultimo saluto gli sarà dato con una cerimonia laica domani, alle 16 nell’atrio delle camere mortuarie del cimitero di Trento, in via Giusti.
In paese negli ultimi anni era una presenza schiva, un gran cuore nascosto dietro un muro di timidezza. Si era però inventato, sfruttando le mappe di Google e Facebook, il progetto “Gli alberi di Lavis”. Girava per il paese e fotografava le piante, di ognuna di esse ne dava una descrizione scientifica. Era un modo per far capire – anche in chi era più disattento nella frenesia di ogni giorno – l’importanza di fermarsi ogni tanto, guardarsi intorno e osservare la bellezza. E Devigili è stato un grande osservatore, anche degli affari politici di paese. In un ruolo spesso di sincero “strigliatore”, per una lunga fase della sua vita era pronto, scrivendo puntuali lettere ai giornali, a fare le pulci al potere locale. A scrivere – nero su bianco – ciò che a Lavis non va. Dietro tutto c’era un autentico “odio e amore” per il paese e per i suoi cittadini: ma chi Devigili lo conosceva davvero dice che il suo, in fondo, era più amore che odio. E da qui passa anche il lungo impegno sociale, a tratti politico (nel senso etimologico di attenzione per la polìs, in questo caso proprio Lavis), per Impronte. Un gruppo di cittadini che nei primi anni Duemila si fece conoscere per una serie di iniziative di impegno civico: Carlo Devigili ne era uno dei più attivi promotori. Ma lui era soprattutto un artista (e artigiano), abile con il legno, amante delle figure geometriche e della costruzione degli spazi. In ogni quadro e in ogni scultura sembrava narrare una storia.
Sempre con il sincero imbarazzo della sua timidezza, aveva esposto in diverse mostre, fra Trento, Lavis, Zambana e Rotaliana. Era insomma uno dei migliori interpreti della cultura locale, anche se lui probabilmente non avrebbe amato questa definizione. Nel 2012 aveva creato con Lia Nesler la “Piccola biblioteca libera” di Lavis. Una casetta di legno, appesa al muro della sua casa sul Pristol. Chi voleva poteva lasciare lì i suoi libri, prenderne altri in cambio. Aveva fatto capire come la cultura vera possa diffondersi partendo dal basso: è uno degli insegnamenti di un uomo che mancherà tanto a Lavis.