«A Tione è impossibile abortire»
Laici all’attacco: i ginecologi in servizio nella struttura giudicariese sarebbero tutti obiettori
TRENTO. «La decisione di avere un figlio è personale e libera, ogni donna deve poter scegliere liberamente se e quando diventare madre». Da questa premessa, parte l’intervento di Alessandro Giacomini, segretario dei Laici Trentini per i diritti civili, che stigmatizza la situazione dell’ospedale di Tione dove i ginecologi in servizio sarebbero - questo dicono gli ultimi dati ufficiali del 2012 - tutti obiettori di coscienza. Una situazione che, quindi, non garantirebbe un diritto, costringendo le donne a rivolgersi alle strutture sanitarie del capoluogo. «Succede che, – scrive Giacomini – in tale struttura non abbiano nel proprio organico almeno un medico predisposto all’interruzione volontaria di gravidanza, anche se gli stessi, sono dipendenti pubblici, esercitano in una struttura pubblica, in una regione cosiddetta laica e retribuiti con i soldi di tutti i contribuenti trentini. È inaccettabile che in presenza di una legge che legalizza l’aborto, in un presidio ospedaliero pubblico non ci sia nessun medico non obiettore. Va privilegiato il diritto della donna che chiede di abortire o il diritto dell’obiettore? Forse sarebbe opportuno attivarsi e analizzare la problematica prima che lo stesso ospedale sia citato davanti alla corte Europea dei diritti dell’uomo. Ora, per quale motivo si obietta? Ovviamente l’obiezione è legata ai principi cattolici del medico e la stessa obiezione è tutelata dalla legge vigente. Immaginiamo però, una persona che scelga di fare la carriera militare, che venga formata a spese dello Stato, remunerata dallo Stato come soldato dell’esercito, ma quando si tratta di combattere si rifiuta perché obiettore i coscienza. Non viene spontaneo domandarsi, ma non poteva pensarci prima? La legge sulla interruzione volontaria di gravidanza è ultra trentennale, un ginecologo è dunque consapevole della vetusta legge, lo stesso avrebbe potuto specializzarsi, post legge del 1978, in qualche altro ramo della medicina, e sarebbe così risolto il problema, restano fedeli alle loro coscienze e al contempo rispettare la legittima richiesta della paziente». Giacomini si interroga su cosa accadrebbe se un medico musulmano si rifiutasse di curare una persona dell’altro sesso o un medico testimone di Geova si rifiutasse di fare una trasfusione. «Non è forse miracoloso vedere cattolici che da una parte urlano che gli immigrati devono piegarsi e forgiarsi con le nostre leggi e usanze e d’altra rivendicano per se stessi l’obiezione di coscienza? Forse, rimane una unica via percorribile, quella del reclutamento selettivo di medici non obiettori per integrare il vuoto, magari con bandi pubblici con la specifica di non obiettore. Sarebbe però, la solita soluzione all'italiana, sarebbe però truffare la legge, sarebbe. Attendo una forte presa di posizione dall'assessora alla sanità Donata Borgonovo Re, per risolvere quanto prima questo diritto negato, così pure dall'attuale assessore alla sanità della comunità delle Giudicarie Luigi Olivieri, perché nessun organo della Provincia può incidere in maniera pregiudizievole e comprimere i diritti assoluti». Sul problema, intanto, interviene anche l’associazione padovana Pensiero Celeste che, attaccando la Provincia per un diritto negato, invita l’assessore Borgonovo Re a dare risposte urgenti.
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