Per il perito del giudice il depuratore non depura 

Aquaspace. L’esperto nominato dal Gip La Ganga ha depositato ieri la sua analisi Adesso tocca alla Procura avviare il processo. In ballo ci sono anche ottanta posti di lavoro


Luca Marsilli


rovereto. Ci sono voluti quasi due anni, ma con l’incidente probatorio di ieri (la presentazione della perizia d’ufficio, affidata a Giovanni Auriemma, uno degli esperti più noti in Italia nel campo dello smaltimento di rifiuti) si è finalmente chiusa l’indagine sul depuratore di Aquaspace. Il Gip La Ganga ha rimesso gli atti alla Procura perché chiuda formalmente l’indagine e proceda con la richiesta di archiviazione o quella di rinvio a giudizio. Con la seconda ipotesi di gran lunga più probabile.

I campioni nell’estate 2017

L’indagine si era aperta nell’estate 2017, a seguito della raccolta da parte di Appa di campioni delle acque in fase di trattamento nel depuratore di via del Garda. Il sospetto era quello che l’impianto di fatto non depurasse i reflui industriali (di Tessil 4, azienda gemella di Aquaspace, ma anche in arrivo da aziende esterne) ma si limitasse a diluirli o poco più.

Interviene la Dda

E su quella base di mosse la Direzione Distrettuale Antimafia, con il procuratore Liverani, ipotizzando il traffico di rifiuti. Dopo un sopralluogo nel dicembre 2017, gli uomini della procura di Trento nel febbraio 2018 hanno posto l’impianto sotto sequestro. E da allora, è fermo in attesa che la situazione sia chiarita.

La perizia di ieri, da questo punto di vista, era un passaggio necessario ma che non pare avere avuto effetti dirimenti. La Procura ne avrebbe ricavato conferma delle proprie ipotesi mentre la difesa di Aquaspace la ritiene del tutto insoddisfacente. Perché carente dal punto di vista chimico-fisico (i principi di funzionamento di quel tipo di depuratore) e perché Auriemma non avrebbe considerato la gran mole di documenti ed osservazioni prodotti dell’azienda. Non nel senso di averli valutati e ritenuti irrilevanti, ma nel senso che nella perizia non ne dà conto in alcun modo. Tutte cose che rispunteranno a processo.

L’impianto resta bloccato

Dal punto di vista della ripresa dell’attività, altrettanto il passaggio di ieri è significativo solo perché chiude la fase delle indagini. E rende quindi possibile, teoricamente, sbloccare l’impianto. Sarà Aquaspace a doverne chiedere il dissequestro: ieri il Gip si è limitato a dare il via libera allo smaltimento dei fanghi di lavorazione, ancora fermi in via del Garda. Che poi il dissequestro venga concesso o meno, è tutto da valutare. Non ci sono più esigenze probatorie, ma per l’accusa quell’impianto è pericoloso per l’ambiente e la salute pubblica, e quindi da tenere chiuso comunque.

A rischio 80 lavoratori.

Per contro Aquaspace e Tessil 4 - 80 lavoratori - hanno retto fino ad oggi, ma non possono certo aspettare i tempi di un processo prima di riprendere l’attività. In più occasioni si sono dette disponibili a qualsiasi forma di controllo, ma per la sopravvivenza delle due aziende è assolutamente indispensabile che il depuratore torni infunzione prima possibile.













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