Offese a Di Blasi, assessore condannato
A luglio un decreto penale e 5 mila euro di multa ma Tomazzoni lo ha impugnato e chiede di andare a processo
ROVERETO. Nella primavera scorsa a tenere banco era la “cacciata” di Dario Di Blasi dalla direzione della Rassegna del cinema archeologico. Un appello pubblico contro quella decisione (e la politica della giunta Valduga in materia di cultura) aveva tenuto banco sui giornali e sui social per settimane. In quel contesto, l’assessore Maurizio Tomazzoni aveva rilasciato pubblicamente delle dichiarazioni indiscutibilmente poco laudative nei confronti di Di Blasi. Che dopo avere chiesto altrettanto pubbliche rettifiche e scuse, non ottenendole aveva querelato l’assessore per diffamazione.
Si scopre oggi che almeno in prima battuta, per procura e magistrato, a sentirsi offeso aveva anche ragione. Tanto che nel luglio scorso il Gip Forlenza, accogliendo la richiesta del procuratore Scagliarini, aveva emesso un decreto di condanna a 5000 euro di multa. Risultato della conversione in pena pecuniaria di 20 giorni di reclusione. Maurizio Tomazzoni ha impugnato il decreto e il prossimo 13 luglio la questione sarà affrontata in aula.
Dal decreto si deduce comunque con chiarezza quali siano gli elementi che per il magistrato integrano la diffamazione. Tomazzoni aveva detto più cose. Una era che Di Blasi non era “l’ inventore” del festival del cinema archeologico, che si doveva anche ad altri. Un’altra che mentre molti altri collaboratori del Museo Civico operavano da volontari, Di Blasi per quell’incarico percepiva 20 mila euro l’anno. Tra l’altro da pensionato (ex insegnante). Terza critica: nessuno lo aveva messo alla porta. Assieme alla querela per diffamazione Di Blasi ha fornito alla magistratura documenti che provano come avesse collaborato fin dalla prima edizione e che a fine 2016 non era stato confermato nell’incarico, e senza alcuna condivisione di quella decisione. Quindi per il magistrato, false le affermazioni contrarie e denigratorio il discorso sulla retribuzione, “veicolando il messaggio che Di Blasi fosse un approfittatore”.
Impugnando il decreto, Tomazzoni ha indicato come testimoni a difesa il presidente della fondazione Museo Civico Laezza (che dovrebbe dire come a Di Blasi fosse stata offerta una permanenza al festival con forme ed incarichi diversi) e l’ex direttore Finotti, per riferire su come, quando e per iniziativa di chi sia nata la rassegna del cinema archeologico. Lo stesso Di Blasi è stato indicato come testimone dall’accusa. Non si è costituito parte civile: “Mi fido della magistratura”. Tomazzoni si dice sereno: “Non ho insultato nessuno. E sono convinto di non avere detto nulla di falso”.
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