La Cassa rurale fusa con Rovereto non convince tutti 

Dubbi e certezze. L’operazione economica fa storcere il naso a Parisi: «Sminuito il valore della cooperazione e dei soci»



Arco. La domanda sulla fusione della Cassa Rurale Alto Garda con Rovereto, posta dal direttore, Paolo Mantovan, ha fatto rumoreggiare la platea. Il valore del socio, il ruolo della cooperazione, il “peso” economico dell’operazione, per i quattro candidati sindaci hanno avuto importanze differenti. Per Bernardi «accorparsi è sempre positivo - ha detto - per i soci è stato un fulmine a ciel sereno, ma si prendono sempre decisioni per il bene collettivo. L’operazione farà bene alle imprese, alle famiglie, un istituto forte dà fiducia alle imprese e alle famiglie». Di vedute diverse la Parisi, la quale ha visto scavalcati il ruolo del socio e sminuito il valore della cooperazione, che deve restare il più importante per una banca del territorio, oltre a trasparenza e correttezza. Per Betta è «un’occasione per estendere i valori della cooperazione a una fascia più ampia di popolazione», «ha messo in salvo altri cooperatori trentini», mantenendo salvo anche il senso identitario della banca. Per De Laurentis è stato «un sacrificio necessario per tenere in vita un istituto (Rovereto, ndr) e creare una grande banca in tutto il Trentino meridionale», oltre a consolidare il primato come la più grande Rurale del Trentino, che ha salvato realtà in difficoltà come la Rurale della Valle dei Laghi (con 8 milioni di buco in bilancio) e Mori (con 33 milioni). «È l’economia che muove tutto - si è rivolto alla candidata Parisi - fa funzionare sanità e porta benefici anche nel sociale». N.F.













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